che bambola

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Uno dei due gatti, la femmina, quella che ha mantenuto una linea piĆ¹ snella essendo meno ossessionata dal cibo a differenza di suo fratello, lo ha scoperto. Si ĆØ arrampicata sino al penultimo piano del mobile libreria in sala, ha superato con un balzo la fila degli Einaudi in edizione economica e si ĆØ trovata in quel luogo dimenticato da Dio e dagli uomini che in casa chiamiamo il cimitero delle Barbie, geolocalizzato proprio lƬ dietro. Anche se di Barbie ce n’ĆØ una sola.

Si tratta di un luogo inaccessibile (almeno fino a questa mattina) dove nel corso del tempo hanno trovato eterno riposo per sparizione improvvisa tutta una serie di regali indesiderati (dai genitori) ricevuti da mia figlia in varie occasioni. Oltre alla suddetta sexy-regina dei sogni in rosa, ancora inscatolata, vi trovano posto un paio di Winx seminude ma dotate di stivaloni “da strada”, una improbabile Tanya conciata da coatta e dal design completamente sproporzionato, una anonima bambola equa e solidale degna di un film horror e un diario dei ricordi popolato dalle notissime Principesse, il brand con cui la Disney ĆØ riuscita a creare economia di scala riciclando in un club esclusivo tutte le protagoniste iperfemminili della storia dei disegni animati americani.

Come ha fatto nostra figlia a non accorgersene nel tempo, mi chiederete. Non ĆØ stato difficile: non avendo mai avuto il debole per questo genere di giochi, ĆØ stato facile farli sparire dalla scena della festicciola in corso senza destare il minimo sospetto. La gatta, avvertendo probabilmente la presenza di qualcosa, puntava lassĆ¹ da qualche tempo fino a quando non ĆØ riuscita a compiere l’impresa. Ci ĆØ toccato cosƬ riesumare tutti i cadaveri, abbiamo anche colto l’occasione per ripulire il loculo dalla polvere accumulatasi, mettere via un doppione di Anna Karenina (unendo all’origine le collezioni di due appartamenti non si ĆØ trattato dell’unico caso) da sbolognare ai nonni, e spostare resti e carcasse altrove, il tutto ancora di nascosto dalla diretta interessata, ovvero la gatta. Ci siamo chiesti infatti quando rivelare la macabra presenza della fossa comune anche a nostra figlia, un momento lontano a sufficienza nel tempo in cui potrĆ  comprendere la portata del nostro eroico gesto, l’ennesimo sforzo per proteggere il suo gusto e per fornirle i preset adeguati entro i quali sviluppare un senso estetico. In linea con quello di mamma e papĆ , ovviamente.