Finché scatta qualcosa nella testa, come se l’organismo attivasse degli anticorpi finalizzati a un impulso di conservazione, un istinto di sopravvivenza, un vero e proprio moto a difesa dall’estinzione della specie cui apparteniamo che assume le sembianze di una canzone che si diffonde dentro di noi a un volume esagerato.
Per nostra fortuna nessuno al di fuori percepisce di che brano si tratta a meno che, nell’impeto del momento, la sorta di trance cui siamo soggetti ci induce all’oblio e il nostro inconscio si appropria del nostro sistema fonatorio per cui la cantiamo pure, e in quel caso sono cazzi. Perché di solito si tratta di pezzi oltremodo inopportuni, che in condizioni normali nemmeno ci ricordiamo che esistono. Io così ho preso l’abitudine di razionalizzare a caldo ciò a cui vengo esposto e a segnarmi sul mio taccuino la colonna sonora che mi nasce in quei momenti. Non vi ho ancora specificato quali, però.
Per esempio, a me succede di provare forte imbarazzo o sensazioni di vergogna incontrollabile, uno stato d’animo talmente preponderante che qualcosa nel mio corpo mette la manopola dell’amplificatore che c’è in me a manetta, come se dovessi coprire con il suono qualcosa che non posso permettermi di ascoltare. E mi accade per cose che faccio o che dico, in momenti solitari o in compagnia, quando vengo redarguito di qualcosa o se prendo un abbaglio vistoso. Non so, chissà se capita anche a voi.
Mi sono accorto che quando vengo preso da questi attacchi mentre sto guidando e non c’è nessuno con me, ecco che mi viene d’istinto di cantare cose sciocche a squarciagola, per stordirmi e farmi passare il disagio che ho provato per una cosa che ho pensato o che mi sono ricordato. In genere, invece, se mi trovo con qualcuno, sui minuti successivi è bene stendere un velo pietoso proprio per la selezione musicale a cui un qualcosa di veramente profondo in me si dedica per stemperare a suo modo le conseguenze emotive, senza accorgersi che invece così peggiora la situazione.
Ecco le prime tre situazioni tipo che mi vengono in mente:
a) vistoso calo di autostima dovuto a svarione preso nella vita privata o professionale in presenza di testimoni oculari presso i quali la considerazione nei miei confronti, da quel momento in poi, non sarà più la stessa. Il mio dj subconscio propone immediatamente roba tipo “Voglia di morire” dei Panda, ovviamente nel punto del ritornello in falsetto. Agghiacciante, no?
b) improvvisa reminiscenza di episodio increscioso che mi ha visto protagonista, a scelta tra la volta in cui a dieci anni scontrandomi con un amico in bici lui si è rotto la gamba o quando, qualche tempo dopo, mi fingevo medium in sedute spiritiche per acquisire autorevolezza su ragazzi più grandi. In questo caso Radio Plus1gmt si sintonizza immediatamente sulla strofa di “Tu semplicità” dei Matia Bazar, che voglio dire sono un gruppo che stimo e rispetto ma quella canzone lì è davvero discutibile.
c) fatal error in relazione sentimentale, come una affermazione detta a sproposito o anche in buona fede ma di quelle che il partner ne assimila solo la componente deleteria e si scatena un diverbio a rischio rottura definitiva. Una scena postuma piuttosto tipica vede me che lavo mestamente i piatti tentando di cancellare dalla memoria “Uomini soli” dei Pooh che, anche qui, ci sarebbero canzoni più consone come “Big mouth strikes again” degli Smiths ma spesso questo juke box che risiede a nostra insaputa in qualche area nascosta del nostro ego sembra contenere solo roba trash italiana che in confronto Julie & Julie sono gli Interpol.
Be’, che dire? Spero che a voi sia andata meglio, e se avete queste stesse reazioni da sgradevolezza di voi stessi possiate contare su un repertorio più presentabile. A me è toccata una coscienza degna di un autoscontro in un piazzale sterrato di un paesucolo di provincia, in un giorno qualunque.