E allora che mi dite di questa vita che è un lungo, enorme, capiente villaggio turistico? In questa esistenza dove è bene entrare da dietro le quinte sul palco con un Panama calcato sulla testa, pinocchietto e scarpe da tennis, il microfono senza fili in una mano e la cartellina con la scaletta sotto l’altro braccio. E appena sotto le luci pronti a far urlare la gente mentre “We will rock you” sfuma in modo approssimativo – non sempre i tecnici del suono sono professionisti – con l’accompagnamento del pubblico che tiene il ritmo con mani e piedi? Ma l’urlo non basta, dai potete fare di meglio, riproviamo l’ingresso e la seconda volta è quella giusta.
Che mi dite di questo mondo Mediaset dove ogni nostro comportamento è un format con una sua puntata pilota, e che oggi si fa persino un torto a prendersela con i berluscomici che loro ci hanno dato solo il la e noi non ci siamo tirati indietro trovando epigoni dentro di noi, nei programmi di intrattenimento a loro ora basta metterci il minimo indispensabile per mantenere la brace accesa. Per noi è facile soffiare e alimentare il fuoco per crederci inscritti in un perpetuo piccolo schermo. Oddio, ormai piccolo nemmeno poi tanto, andate nei vostri salotti a scattare una foto ai vostri millemila pollici in hd e poi vediamo chi ce l’ha piccolo.
Così ogni situazione, perché la vita è fatta di situazioni e di eventi tanto che è oggi che viviamo nel pieno del situazionismo e l’eventismo ancora dev’essere stigmatizzato dai pensatori della nostra liquidità tendente all’evaporazione ma ci manca poco, ogni situazione ha i suoi animatori e a noi piace stare con un drink approssimativo in un bicchiere di carta e a sorseggiarlo macchiandolo di rossetto e schiacciando zanzare, mentre sono i nostri figli che, per una sera, prendono il nostro posto sotto le luci dello spettacolo della modernità. In questa kermesse di massa a cui partecipiamo svegliandoci ogni mattina, spettatori e guest e per la quale sfoggiamo le nostre scarpe con la zeppa più alta trovate al cinquanta per cento da Pittarello nel primo giorno di saldi, con un equivalente maschile sul quale è ancora meglio non soffermarsi, non c’è più un istante di pausa nemmeno per la pubblicità perché i soldi scarseggiano e nessuno investe più. Tanto i messaggi commerciali sono ben impressi nella nostra testa, addirittura li indossiamo, li teniamo in mano per fare foto e watsappare con sconosciuti in tempo reale, li mangiamo precotti e preconfezionati in pausa pranzo.
La nuova serie, poi, l’ultima, è ancora più coinvolgente perché non prevede nemmeno più alcuna differenza tra mondi che una volta erano baluardi dei loro contesti come l’all inclusive coi i suoi antipasti al carrello (cit.) e l’oratorio che non sarebbe un problema se non fossero ambienti tradizionalmente frequentati dallo stesso sotto-target umano che in passato voleva imporre i suoi canoni di morigeratezza, preghiera, castità, sobrietà nei costumi e vita per il prossimo. Perché poi magari uno ci va e ci porta i suoi figli proprio per trovare un’isola di preti che giocano a pallone e ragazze con la gonna sotto al ginocchio e invece non c’è più niente. La dura legge del palinsesto impone shorts inguinali anche lì, balletti di gruppo dove è il corpo a essere protagonista, molto spesso sufficientemente biotto (che da queste parti significa nudo, non so da voi) e ammiccante come i modelli che ci portano le pietanze al tavolo di casa all’ora di cena, quelli che consegnano le buste con le domande al pigmalione, che portano le notizie stampate ai presentatori dell’infotainment, che annunciano le previsioni del tempo, che esprimono opinioni imparate a dovere dal loro mentore miliardario durante festini di dubbio gusto che in certi posti, proprio come quello, qualcuno potrebbe buttarla sulla moralità ma poi che, scherzi? Ci sono i falchi che tirano fuori i discorsi sul burqa, l’occidente, l’emancipazione, la libertà. Troppo tardi. La serata volge al termine e si snocciolano ringraziamenti a organizzatori, preti, volontari, seminaristi ma chissà perché, il vero artefice di tutto questo nessuno lo ringrazia mai pubblicamente.