Se avete fatto delle cazzate da giovani il mio consiglio è di tenerle nascoste ai vostri figli. Prima di dare alcune definizioni di cazzata, è bene però sapere che in generale raccontarle o farsi sgamare dai figli su cose poco edificanti di cui vi siete resi protagonisti da ragazzi ha due macro-categorie di conseguenze diciamo di primo livello. La prima è che i figli presenteranno giustificazioni inattaccabili a ogni loro marachella piccola o grande utilizzando la vostra cazzata come metro di paragone per mettersi al sicuro. La seconda è che i figli possono diventare bacchettoni e quindi giudicare come inappropriato per un genitore ogni vostro anche minimo approccio trasgressivo a qualcosa come frutto della cazzata che avete fatto da giovani. Per natura sono i genitori quelli tutti d’un pezzo e i figli quelli da redarguire, da qui si evince che delle dinamiche capovolte non è facile prevedere le conseguenze, non ci sono ancora abbastanza casi di studio e ne riparleremo tra mezzo secolo, quando diventeranno adulti i figli di quelli che adesso hanno dieci anni e che hanno genitori che da ragazzi si conciavano come Robert Smith. So benissimo che molti di voi che avete fatto cazzate siete anche piuttosto rilassati nell’educazione dei figli, anche se la maggior parte di quelli che hanno fatto cazzate grosse come una casa di figli non ne hanno, un po’ perché non sono arrivati vivi all’appuntamento con l’età adulta, un po’ perché sono consapevoli del fatto che fare cazzate è tipico dei ragazzi e quindi ci passano sopra. Già vi vedo seduti sul divano a leggere il sole ventiquattr’ore, perché da punk siete diventati esperti di finanza, entra vostro figlio con il tatuaggio di fedez che gli sale su per il collo e non gli dite niente perché voi, alla sua età, vi facevate di ogni droga presente sul mercato, dormivate alla stazione e borseggiavate le vecchiette fuori dalle poste nel giorno della pensione per mantenervi i vizi. Ma non basta starsene ben zitti. È importante anche non lasciare in giro tracce o testimonianze di quanto eravate fuori di testa. Distruggete i diari, fate sparire il servizio fotografico fatto al cimitero, tenete ben nascoste cartine e filtrini perché a dodici anni sanno già tutto perché hanno il tempo ma soprattutto Google immagini dalla loro parte. Se avete suonato musica industriale e salivate sul palco in tutù con il martello pneumatico dubito che qualcuno dei millenials potrebbe capire il motivo, quegli anni in cui avete fatto delle cazzate sono più distanti da loro del futuro che hanno davanti. E fondamentalmente è proprio questo il problema. La trasgressione che abbiamo inventato noi oggi è roba che puzza di cantina perché è lì che deve stare, fondamentalmente non può essere collegata a nessun dispositivo e poi, a essere originali, nella società del presente c’è solo da perdere.
vecchi e giovani
che cosa vogliono dire le smorfie che fate quando vi fate i selfie
StandardI miei suoceri, entrambi più che ottuagenari, capita che si lamentino di certi programmi e film che passano in tv perché, a detta loro, non riescono a seguire i dialoghi. Credo che il problema sia da entrambe le parti. I ritmi di montaggio e le sceneggiature soprattutto televisive oggi impongono tempi serrati e chi è abituato a un certo modo di fare regia deve arrendersi alla velocità del duemila. D’altra parte è anche vero che probabilmente a una certa età vuoi un po’ di sordità, un po’ tiri i remi in barca dal punto di vista della percezione del mondo, e un po’ magari non riesci più a star dietro all’evoluzione del linguaggio, mettici anche un po’ di rincoglionimento generale, ne deriva che da un parte e dall’altra c’è un gap di comunicazione. Lo stesso fenomeno si manifesta quando siamo al pranzo della domenica tutti insieme con le loro nipoti, mia figlia e la cugina, che da adolescenti quali sono hanno un modo di esprimersi e uno slang fatto di parole e gesti che spessissimo induce i nonni a chiedere una traduzione simultanea. Ma ora che la ragazza sta crescendo – e di conseguenza il sottoscritto invecchia – devo constatare che si fa fatica a starle dietro, da questo punto di vista. Noi adulti siamo abituati a conversazioni costruite a tavolino per i libri che leggiamo e i film che vediamo, di conseguenza a sentire due giovanissimi esprimersi nel modo in cui parlano oggi i ragazzini, con il lessico fiaccato dalla loro natura di nativi digitali si resta facilmente disorientati. Ieri sera ero a tavola con mia figlia e una sua compagna di classe e non vi dico la confusione semiotica nel tentare di ricostruire le loro de-costruzioni narrative per comprendere qualcosa. Come i miei suoceri, era un mix di salto generazionale e sentori di demenza senile. Per non parlare dei fasti della comunicazione online in differita a cui noi nativi analogici e timidi recidivi ci siamo abituati. Avere il tempo di leggere, rileggere, interpretare, riflettere o se è il caso documentarsi e infine rispondere è la cosa più bella che all’essere umano nella sua evoluzione è mai potuta capitare. I timbri espressivi dei giovani d’oggi, e ora che per la prima volta lo scrivo entro di diritto nella categoria dei matusa, invece sono frutto della messaggistica istantanea estrema o al massimo dell’immagine virata da filtri di fotoritocco, per cui se vi rivolgete a un ragazzino e lui vi risponde con una smorfia è sufficiente consultare un dizionario delle pose di Instagram per capire che cosa intendeva dire veramente.