Se non siete ancora rientrati in ufficio chiudete questa pagina immediatamente e godetevi ancora gli ultimi strascichi delle ferie. Troppo tardi? Già, perché solo a leggere la prima riga vi siete attirati un incantesimo che vi condanna a incontrare nel luogo di villeggiatura in cui state soggiornando in questo esatto momento qualcuno con cui avete a che fare per la vostra attività. Un fornitore, il collega dell’ufficio acquisti con cui non condividereste nemmeno la manciata di secondi in cui ci si lavano le mani dopo la pausa pipì delle undici, il vostro responsabile, l’impiegato dell’amministrazione della precedente azienda che avete mandato affanculo prima di cambiare occupazione. Insomma, scegliete voi.
Ma ricordatevi che non è tanto quello che può accadere una volta che avete riconosciuto un volto tristemente noto per ragioni professionali sotto l’ombrellone vicino al vostro, seduto al tavolo a fianco nell’agriturismo in cui avevate pianificato di ubriacarvi come una merda tra il maialino arrosto e una pecora in umido, lungo il sentiero delle Dolomiti in cui anelavate di tornare sin dall’estate precedente. Il problema, almeno per me, è riconoscere questi rompiscatole a loro insaputa in un ambiente e in una veste differente da quella con cui siamo abituati a vederli, un fattore che non è da poco considerando che molto spesso è proprio l’unione tra il luogo fisico in cui ci si frequenta e l’abbigliamento con cui ci si relaziona a determinare alcune delle principali dinamiche che regolano i rapporti sul posto di lavoro. Basta un manager sempre tappato in giacca e cravatta con un fisico flaccido e cadente che si trova in costume di fronte a quello che si occupa della manutenzione dell’edificio, sul posto di lavoro sempre in modalità anti-infortunistica e al mare tutto muscoli e tonicità, ed ecco che l’organigramma naturale è ribaltato.
Sembra una banalità, anzi probabilmente lo è, ma quando vedo seminude e con la loro famiglia persone che la consuetudine me le fa incontrare vestite e dietro a un pc mi ci vuole un po’ a metterne a fuoco l’identità. E poi vogliamo parlare dell’imbarazzo di osservarsi reciprocamente membra di cui normalmente siamo all’oscuro? L’ombelico del vostro capo? Le cosce del direttore generale? I piedi della responsabile del personale? Chissà se è vero che in questi frangenti siamo davvero tutti uguali, come dicono certi seguaci delle religioni che professano la democraticità dell’anima rispetto alla tirannia dei corpi e, al giudizio dell’ipotetico creatore, sostengono che sia richiesta solo la presenza della parte più inconsistente.
Vogliamo parlare poi della convenzione sociale imposta dalle buone maniere di dover presentare i propri parenti ai colleghi creando ponti pericolosi tra ambienti che è bene lasciare il più separato possibile? Insomma, il peggio è facile da immaginarsi: coperti solo da uno slip e da un reggiseno a fascia, in piedi sul bagnasciuga a scambiarsi impressioni di meraviglia per essersi trovati lì con i rispettivi congiunti che collateralmente magari stringono conoscenza mossi da un cameratismo non richiesto (quindi evitate di parlare di lavoro tagliando fuori gli altri) fino a quando, inavvertitamente, qualcuno butta lì un invito a cena, un aperitivo, una camminata fino alla scogliera panoramica. Quindi, cari amici, state sempre all’erta, non soffermatevi su seni generosi o glutei ammiccanti quando passa la gente davanti alla vostra sdraio ma osservate bene le facce delle persone e se vi suona un campanello d’allarme cercate di decontestualizzare i lineamenti che ritenete famigliari componendo identikit nella vostra testa per smascherare, con adeguato anticipo, tutti i possibili rischi potenzialmente dannosi per il vostro destino professionale.