più incisivi per la questione molare

Standard

Che combinazione. Sono venuto a conoscenza, a distanza di pochi giorni, di due campagne che cercano di rivendicare il primato del corporativismo medico-dentistico nostrano su quello dei mercati emergenti, con l’obiettivo di porre freno al fenomeno del turismo ospedaliero e alle nuove frontiere delle cure last minute. Mi riferisco a un dibattito sul blog di Giovanna Cosenza e a una pubblicità di una catena di studi locale che ho visto per strada. L’odontoiatria nazionale fa quadrato e cerca di contenere l’emorragia di clienti che, allo stesso costo di una cura completa qui, possono godere in aggiunta al trattamento richiesto una vacanza per l’accompagnatore e la possibilità di visitare capitali altrimenti fuori dalle tratte turistiche tradizionali. I profitti generati dalle nostre carie sono sempre stati ingenti, il trasferimento di liquidi che ne consegue è diventato proverbiale, tanto che un dentista in famiglia è una delle fortune più anelate. Stiamo parlando infatti di una branca della medicina spesso borderline con la chirurgia estetica, e se è vero che in media le visite dal dentista sono piuttosto distanziate tra loro è altrettanto dimostrato che il loro costo è inspiegabilmente elevato rispetto al valore di altri beni di lusso. Insomma, ci si dà da fare per trattenere i nostri mal di denti in patria, come se la professionalità fosse solo un aspetto legato al Paese di nascita anziché al titolo conseguito e alla pratica esercitata. E se il mercato è così per tutti, chiudersi a riccio non serve a nulla se non a perdere smalto.