più che di uno stivale ha la forma di un tronchetto

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Questi tempi non passeranno certo alla storia per la grandezza del nostro agire, verranno piuttosto ricordati come gli anni del tronchetto. Sfido chiunque di voi, care lettrici, soprattutto chi non ha approfittato delle ultime stagioni all’insegna degli stivali a tutti i costi, a trovare un paio di calzature che non rientrino nella suddetta categoria, che ora va per la maggiore. Ci sono tronchetti di tutti i tipi, con o senza tacco, le fibbie borchiate che fanno tanto motociclista e i drappi che cadono sulla caviglia. Accollati e non, più o meno eleganti o da battaglia, persino quelli sportivi che ricordano il design del made in Italy con la suola da tennis. Se poi vi capita di entrare in uno degli ennemila megastore monotematici, e qui nella profonda periferia milanese c’è una densità senza precedenti, vi colpisce la distesa orizzontale di tronchetti che svettano su pile di scatole di cartone che contengono il modello in mostra in tutti i numeri e tonalità. Tanto che quando entri ti assale la strana sensazione di essere preso per i fondelli perché l’ampia scelta di articoli in realtà è solo una infinita variazione sul tema del tronchetto, il che rispecchia perfettamente il pensiero unico o unico e mezzo a cui oramai siamo avvezzi in politica, nell’informazione, quando accendiamo la radio e cerchiamo qualcosa che non sia Ligabue o Ramazzotti, quando vogliamo mangiare quello che ci piace e non quello che è in offerta, nelle attività extra-scolastiche dei nostri figli, quando cerchiamo un regalo per una persona cara e a Milano quanto a Cagliari i negozi appartengono alla stessa catena, di fronte alla moltitudine di link su Internet presentati dal più noto motore di ricerca. Il nostro vivere è saturo di impercettibili declinazioni dello stesso archetipo, a guardare bene ci sono solo tronchetti metaforici, e ci sembra pure di avere una scelta se non che, come diceva un mio amico, la scelta non c’è ma si può fare finta di averla.

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