novecentouno

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Alessandro Baricco è uno di quegli autori che come Tolkien e Fabio Volo, e non me ne vogliano i fan dei tre scrittori citati e accostati nella stessa frase che probabilmente inorridiranno gli uni degli altri, non ho mai letto e mai leggerò perché so a priori che non mi piacciono. Scrivono cose che so che non mi interessano. La vita è troppo breve per rischiare un libro, tutti mi dicono di no, un libro può riservare una sorpresa ma so già che la sorpresa non arriva mai. Soprattutto se è mediocre tanto quanto il suo autore. E come loro ce ne sono migliaia, ma gli appartenenti alla triade di cui sopra li vedo spesso accostati, citati, accompagnati, inseriti in contesti che confermano il mio disinteresse o, nel caso della beatificazione mediatica in diretta di Renzi, il mio disprezzo. Anche perché Baricco, scusate la schiettezza, mi sta pesantemente sui coglioni. D’altronde, un politico di moda non poteva che ospitare uno scrittore di moda, al suo festival dell’esuberanza delle personalità, piacioni in passerella che si riempiono la bocca di parole di moda come meritocrazia. Sì, proprio Baricco.

fantasylandia

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Visto che la realtà che ci circonda si distingue principalmente in tre macrocategorie, ovvero le cose che mi vanno a genio, quelle che detesto e l’incommensurabile insieme delle cose di cui non me ne frega un c****;

visto che sono appena stato contattato su un celeberrimo sito di relazioni pubbliche (più che personali) virtuali da un mio ex-ex-ex-ex-ex-collega che è piovuto nella suddetta realtà da non so quale pianeta, tanto ho dovuto passare in scansione tutta la mia memoria più che frammentata per ricordare di chi si trattasse e in quale azienda avessimo condiviso il server;

visto che alla fine ho trovato l’informazione che cercavo, e nel mentre un altro contatto del celeberrimo sito di relazioni pubbliche (più che personali) ha postato l’ennesimo riferimento a un qualcosa che ho scoperto solo grazie a wikipedia essere un “una serie televisiva statunitense prodotta e trasmessa da HBO a partire dal 17 aprile 2011, nata come trasposizione televisiva del ciclo di romanzi fantasy Cronache del ghiaccio e del fuoco (A Song of Ice and Fire) di George R. R. Martin” (definizione che trovate alla voce Game of thrones);

visto che la morte sua di Internet, dei blog e di tutto quello che si fa qui sopra anziché lavorare è mettere insieme collegamenti e spunti, dargli una spruzzata di personalità (che non è detto che ci sia, al limite la si scarica da mediafire), condire il tutto in salsa creativa la più appealing possibile e darlo in pasto all’eternità da qualche parte,

il sottoscritto DELIBERA il suo personale, fondato, inveterato, crescente e duraturo ribrezzo per tutto ciò che, in qualche modo, può essere taggato come Fantasy. E in questo calderone, visto che di maghi e di streghe si tratta, anzi ad alimentarne il fuoco, metto tra le fiamme Tolkien, quelli che ti inseguono con quel tomo da millanta pagine e millanta versioni cinematografiche e tutta quella roba lì che nemmeno alle medie avrei letto o visto e, e qui ecco che mi aggancio al mio ex-ex-ex-ex-ex-collega, anche quelli che una volta si chiamavano giochi di ruolo e che non so, tra gli eterni bambini di ogni età del nuovo millennio, se siano ancora in auge.

Gli incontri a base di soldatini, carte, tanta fantasia che poi si concretizza in qualche raduno di fanatici in tunica e spade di gommapiuma, ecco è una roba che trovo più che imbarazzante. E ho i miei fondati motivi. Il mio ex-ex-ex-ex-ex-collega ed io lavoravamo in una specie di setta di giocatori di ruolo camuffata da ufficio, di cui lui faceva parte. Tanto che mi invitò a partecipare, mostrandomi pure carte e soldatini, come se quelli potessero fare la differenza. E la sera stessa, a casa sua, tra nani ed elfi e altre bizzarre impersonificazioni, master compreso, di cui non ricordo il termine tecnico, rimpiansi chi, anni prima, si riuniva per le esperienze psicotrope di gruppo a base di derivati dell’oppio, di certo più costruttive.