I miei suoceri, entrambi più che ottuagenari, capita che si lamentino di certi programmi e film che passano in tv perché, a detta loro, non riescono a seguire i dialoghi. Credo che il problema sia da entrambe le parti. I ritmi di montaggio e le sceneggiature soprattutto televisive oggi impongono tempi serrati e chi è abituato a un certo modo di fare regia deve arrendersi alla velocità del duemila. D’altra parte è anche vero che probabilmente a una certa età vuoi un po’ di sordità, un po’ tiri i remi in barca dal punto di vista della percezione del mondo, e un po’ magari non riesci più a star dietro all’evoluzione del linguaggio, mettici anche un po’ di rincoglionimento generale, ne deriva che da un parte e dall’altra c’è un gap di comunicazione. Lo stesso fenomeno si manifesta quando siamo al pranzo della domenica tutti insieme con le loro nipoti, mia figlia e la cugina, che da adolescenti quali sono hanno un modo di esprimersi e uno slang fatto di parole e gesti che spessissimo induce i nonni a chiedere una traduzione simultanea. Ma ora che la ragazza sta crescendo – e di conseguenza il sottoscritto invecchia – devo constatare che si fa fatica a starle dietro, da questo punto di vista. Noi adulti siamo abituati a conversazioni costruite a tavolino per i libri che leggiamo e i film che vediamo, di conseguenza a sentire due giovanissimi esprimersi nel modo in cui parlano oggi i ragazzini, con il lessico fiaccato dalla loro natura di nativi digitali si resta facilmente disorientati. Ieri sera ero a tavola con mia figlia e una sua compagna di classe e non vi dico la confusione semiotica nel tentare di ricostruire le loro de-costruzioni narrative per comprendere qualcosa. Come i miei suoceri, era un mix di salto generazionale e sentori di demenza senile. Per non parlare dei fasti della comunicazione online in differita a cui noi nativi analogici e timidi recidivi ci siamo abituati. Avere il tempo di leggere, rileggere, interpretare, riflettere o se è il caso documentarsi e infine rispondere è la cosa più bella che all’essere umano nella sua evoluzione è mai potuta capitare. I timbri espressivi dei giovani d’oggi, e ora che per la prima volta lo scrivo entro di diritto nella categoria dei matusa, invece sono frutto della messaggistica istantanea estrema o al massimo dell’immagine virata da filtri di fotoritocco, per cui se vi rivolgete a un ragazzino e lui vi risponde con una smorfia è sufficiente consultare un dizionario delle pose di Instagram per capire che cosa intendeva dire veramente.