Diciamo che il desiderio di insegnare a vivere agli altri nella gente è superato di poco dal piacere di non farsi i cazzi propri. Oggi poi in cui basta un follower in più per scatenare gli ormoni dell’onnipotenza, noi disinfluencer ce li abbiamo proprio tutti contro. Per disinfluencer intendo ovviamente coloro i quali, giustamente consapevoli di non aver bisogno di pareri di terzi se non quelli della propria moglie che tanto non cambieranno certo opinione alle soglie della terza età, sfuggono alle discussioni anche se un po’ si meravigliano che il resto del mondo non solo abbia convinzioni differenti, ma nemmeno non ascolti le mie, pardon, le proprie o le sue, insomma le idee di quei “coloro i quali” soggetto di questo costrutto in cui mi sono arenato. Il problema è quest’epoca di -ismi di seconda scelta, ché quelli fighi ormai sono già tutti occupati e anche se un po’ retro c’è chi continua a non farne scadere il dominio. Oggi vi dovete accontentare dei movimenti di grillo, dei vegani, dei complottisti e dei testimoni di Geova, giusto per citare quelli dalla fanbase meno scopabile come diceva questo articolo qui. Pensate per esempio alla superiorità morale di chi non pasteggia a salamelle e mortazza. A me fa venire voglia di caricare mucche e maiali sui camion dei viaggi della morte, per esempio, anche se poi mi spiace vedere il panico negli occhi dei miei amici animali e farei volentieri cambio con questi terroristi degli appetiti altrui. Ci sono persino quelli che ti schifano se sprechi l’acqua della pasta e non ci lavi i piatti zozzi dentro. Che vi giuro che ci ho provato, perché a me piace comunque conoscere le usanze di quelli più intelligenti di me, però a me il risultato è venuto inqualificabile e ho dovuto caricare la lavastoviglie e rifare tutto da capo.
Ora, senza tirare in ballo i grandi colossi ideologici del nostro tempo come le religioni monoteiste o l’heavy metal o il filone tatuaggi/fantasy, l’internet come il posto di lavoro ma anche le sale d’attesa del dottore pullulano di insegnanti di ruolo di via, verità, educazione e condotta generica. Mi è capitato persino di leggere un panegirico sul fatto che è giusto dare gli smartcosi in mano ai figli perché così poi possono addirittura intensificare il rapporto con i genitori e scriversi carinerie con uazzap e signora mia che sfigati quelli che leggono ancora i libri di carta, che poi i bambini crescono analfabeti digitali e non cercano di emulare i gesti del touch su ogni superficie liscia sottomano. Avete presente, vero, quegli estremisti del digitale che ti si rivolgono drill-down con il loro verbo zeppo di storpiature anglofone. Che poi uno potrebbe anche pensare male che magari i colossi della telefonia pagano persone così per scriverne e parlarne bene e magari convincere qualcuno che passa di lì per caso o che si incontra al bar che il progresso è tutto grasso che cola, ma sapete meglio di me che è pubblicità anche questa come quei medici sponsorizzati dalla Camel che negli anni 60 e rotti negli USA dichiaravano che le Camel erano meno nocive di altre sigarette. Insomma da una parte penso che non stare ad ascoltare il prossimo sia un po’ da zoticoni campagnoli come quegli anziani che fanno di testa loro fino alla morte. Dall’altra poi quando provo a dare una possibilità alla gente e dico vediamo se ci sono posizioni più convincenti della mia, alla fine rimango sempre deluso. Sì, probabilmente sono uno zoticone campagnolo anche io. Comunque dai prezzi modici, se vi interessano le ripetizioni.