se vi capita di ascoltare due studenti in metro che si interrogano a vicenda simulando l’esame che si accingono a sostenere

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Se vi capita di ascoltare due studenti in metro che si interrogano a vicenda simulando l’esame che si accingono a sostenere, fornendosi risposte che non solo non stanno né in cielo né in terra ma cannando date ed eventi storici che si studiano alle medie, per esempio certe battaglie di Napoleone che davvero sanno anche i sassi, ecco se vi capita io vi dico: siate più indulgenti. Non saltate subito a conclusioni affrettate. Aspettate a ledere ulteriormente la già scarsa stima che provate per le nuove generazioni. Fermate per un attimo la vostra immaginazione che corre verso un indefinito istante nel futuro in cui vi vedete anziani sdraiati su un tavolo di una sala operatoria con uno di questi studenti di oggi agghindato da chirurgo con il bisturi in mano. Fate mente locale e considerate due aspetti. I ragazzi a scuola oggi sembra che non imparino nulla, ma in realtà non è così, almeno questa è la versione ufficiale con cui si difendono a spada tratta cose come i test a risposta multipla e altri metodi didattici. Per cui se inorridite di fronte alla scarsa dimestichezza dei vostri figli con la capacità di farsi comprendere attraverso ragionamenti con un capo e una coda intanto potete dare una letta alle mie cose che, voglio dire, in quanto a discorsi strampalati, uso della punteggiatura, consecutio temporum e altre regole grammaticali sembrano messe insieme da un marziano alle prese con la lingua italiana, premesso che io ho molti amici marziani. Poi riflettevo anche sul fatto di quante cose mi ricordo di tutto quello che ho studiato. Potete gratificarmi dicendomi che non c’entra, le cose che si studiano vanno a sedimentarsi e fanno da “sistema operativo” – l’hardware è il cervello, manco a dirlo – su cui funziona poi tutto il resto. Ma guardando il vostro piano di studi universitario, per non parlare delle materie fatte alle superiori e alle medie, quanto vi ricordate? A mia figlia non è la prima che do risposte sbagliate, le confondo le idee o devo rifugiarmi in ok google quando mi chiede una mano sui compiti. Magari regole o nozioni che do per scontato ma la cui definizione proprio si è persa nella nebbia del tempo. Non solo. A me e a una compagna di studi, mentre in treno ci ripetevamo parti del programma di storia moderna recandoci a sostenere l’esame in questione, uno sconosciuto compagno di viaggio di un paio di generazioni più vecchio di noi – probabilmente infastidito dalla nostra boria post-adolescenziale – si era burlato proprio delle inesattezze e delle lacune della nostra preparazione. L’umiliazione mi brucia ancora oggi, mentre scrivo queste righe. Così quando mi capita, come poco fa, di ascoltare due studenti in metro che si interrogano a vicenda e le castronerie che riescono a formulare, alzo il volume della musica in cuffia e mi immergo nell’oblio della lettura del momento, per non provare imbarazzo per loro e per me che non ricordo proprio la data di quella battaglia di Napoleone.

mangiando una mela coi libri di scuola

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Ieri ero seduto al mio scrittoio, che non è affatto uno scrittoio ma una mensola che fa finta di essere scrittoio solo perché c’è un pc sopra e ci si possono mettere le gambe sotto, e me lo ricordo benissimo che era ieri perché era una domenica pomeriggio di quelle che a descriverle potrebbero nascere ottimi incipit di libri. Una volta non si diceva forse “era una notte buia e tempestosa”, no? Che può essere l’equivalente di “era una domenica pomeriggio grigia e piovigginosa”. Ma il dato importante è che era uno di quei rari momenti in cui non ho proprio un tubo da fare né a cui pensare, con la moglie fuori casa per un impegno, mia figlia occupata a diventare preadolescente con la amiche del cuore in cameretta, nessuna faccenda da sbrigare in casa. Quindi io con il mio scrittoio sopra le ginocchia che non devo nemmeno da scrivere un resoconto di qualcosa per i miei amichetti del web. Niente di niente, l’ozio allo stato puro tanto che mi dedicavo a un’attività che nemmeno mio papà che ha ottantatrè anni farebbe, che era trasferire manualmente il contenuto di circa duecentocinquanta tra cd e dvd pieni di musica in un hard disk da millemila terabyte che mi ha consentito di fare piazza pulita di tutta la plasticaccia tarocca e contraffatta che si affacciava su un’intera sezione della libreria in salotto. E mentre mi beavo di questa inattività olistica mi sono ricordato di quei mal di stomaco che ti prendono la domenica pomeriggio perché devi ancora finire di studiare e il giorno dopo ti interrogano, hai un compito in classe, una verifica, un esame. Cioè quel nastro trasportatore di angosce in funzione ventiquattro per sette che è l’essere uno studente. Senza pause. Senza momenti di stasi. Tutto un unico percorso che si dice che non si concluda mai – sapete quella storia degli esami e bla bla bla – che però non è vero, perché arriva un giorno e il tutto si conclude con una stretta di mano con il rettore, magari una lode, uno scampanellio, e poi basta. Subentrano altre complessità, ma l’esistenza si libera di quel genere di scadenze. Ecco, amici studenti, ieri ho pensato che non vi invidio proprio per un cazzo.

ti ho visto in piazza

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Credo che gli studenti che sono scesi in strada a manifestare contro la scuola, il governo, le banche, i Monti e i Fornero dovrebbero cambiare oggetto della protesta e manifestare principalmente contro i loro genitori, rei di aver favorito, approvato con il loro consenso oppure non essersi opposti con sufficiente convinzione a scuola, governo, banche, i Monti e i Fornero. Il vero colpevole di quello che  ha cancellato il loro futuro, anche se a quell’età è difficile distinguerlo in una indistinta nebulosa con tanto di scia chimica dietro, si annida tra le loro stesse mura di casa e va ricercato negli scontrini mai richiesti o mai stampati, nei sotterfugi per evitare quella o quell’altra tassa, nelle mappe degli Autovelox che, una volta superati, si pigia sull’acceleratore e via, nei modelli di consumo e tutto quello che hanno generato, nella cultura che attraverso le loro scelte e non-scelte hanno fatto sì che si diffondesse. Un vero e proprio sistema che poi sì, ha prodotto la scuola a cui si ribellano, il governo, le banche, i Monti e i Fornero di conseguenza. Ecco cosa mi piacerebbe sapere: tutti quegli studenti che sono scesi in piazza, tornati a casa, che cosa hanno trovato.

in un presunto articolo di un presunto giornalista di un presunto quotidiano online

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Articolo sul Corriere.it, in questo momento. Nello screenshot del video, il gesto fatto dal ragazzo all’estrema destra (in tutti i sensi) con il braccio alzato, non è piuttosto eloquente?

Macché. Tutta colpa della “presunzione”. Vietato sbilanciarsi troppo:

se a studiare si diventa del pdl

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Vignetta veritiera di Makkox su il post (meglio studiare che passare pomeriggi all’ombra delle sue tv).

per una volta è bello stare in coda

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