La geografia era una delle mie passioni da bambino, il che mi fa ridere perché ora sono analfabeta di ritorno in questa materia, dovreste vedere dove colloco l’Abruzzo o Isernia giusto per citare due svarioni che ho preso di recente. Andavo matto per le bandiere, soprattutto, e questa è una inclinazione che ho trasferito a mia figlia, la quale malgrado le informazioni anacronistiche che le passo parlando di Jugoslavia o di Cecoslovacchia (ma qui siamo negli ambiti della Ostalgie) riconosce i più disparati vessilli internazionali. Ma anche quando era più piccola si muoveva a proprio agio sul planisfero cercando gli stati in cui si svolgevano le guerre di cui sentiva parlare al tg3 o le più remote repubbliche ex sovietiche. Io ho ancora eco di quell’interesse nella curiosità per le targhe automobilistiche internazionali. Durante i viaggi lungo le autostrade italiane con mio papà al volante speravo sempre che qualche vettura straniera ci sorpassasse per aumentare la mia collezione di targhe non italiane scorte. Ma ai tempi oltre a tedeschi, francesi, inglesi, austriaci, olandesi, belga e svizzeri raramente si incontravano automobili o veicoli commerciali più esotici. Mica come adesso, con il boom del turismo proveniente dall’est Europa. Le nostre strade pullulano di automobili rumene di grossa cilindrata. Poi vedo molte targhe bulgare su mezzi un po’ meno di lusso, qualche furgone o camioncino dall’Ucraina. E ho sempre il vizio di guardare dentro e cercare tratti somatici un po’ diversi da quelli abituali.
Ne parlavo con una conoscente, che è rimasta contrariata da questa mia abitudine. Dice che è pericoloso, che non si sa mai come possano reagire, che è meglio non guardare, non parlare, non rispondere, non lasciarsi andare a diverbi in caso di scorrettezze sulla strada, nei parcheggi. Insomma, se non ho capito male la passione per la geografia, di questi tempi, è sconsigliata. Probabilmente anche la storia, almeno da quanto si vede in giro, si corre il rischio di essere preso a sprangate o di essere querelato. L’educazione civica non ne parliamo nemmeno, le cantine e le soffitte sono gremite di testi scolastici lasciati intonsi e nelle strade il risultato è più che palpabile. Ci sono materie che le complessità crescenti rendono sempre più difficili da studiare, da essere oggetto di dibattito e di condivisione, nelle quali occorre muoversi con la massima cautela e correttezza. Non c’è più una maggioranza di opinione che rende implicito ciò che può essere dato per scontato, tutto può essere messo in discussione e alcuni dicono che va bene così, che sono state abbattute le barriere del pensiero unico. Su questo la mia conoscente ha messo l’accento, sottolineando le parole pensiero unico, e io so dove voleva arrivare, perché tolta la vernice sberluccicante dal concetto di pensiero unico si vedeva un’anima di ferro arrugginito a formare le parole egemonia della sinistra nella cultura. Ma io a quel punto mi ero smarrito, perché ripensavo alle vecchie Citroen targate Marocco che correvano verso Gibilterra cariche di tappeti, o a quella volta in cui una specie di Limousine di un qualche paese arabo di quelli con gli sceicchi, con la targa piena di simboli che sembravano spade, era parcheggiata con i vetri tutti neri in un’area di servizio. E ora, quando guardo che faccia hanno gli autisti stranieri che più stranieri non si può quando li sorpasso, desideroso di migliorare la mia preparazione in geografia, non vedo altro che persone attente a non superare i limiti di velocità, con la destinazione e la voglia di tornare a casa impressa negli occhi.