Se pensate che non sia nella natura umana fare così tanti chilometri al giorno provate a parlare con chi, di mestiere, gira Milano in lungo e in largo in bici, con il bello e cattivo tempo, a fotografare i pezzi di città più poetici. Per capirci, qual è il limite superato il quale considerate d’obbligo fermarvi, fare una pausa, chiedere il giorno successivo di riposo? Non sono del settore, così rivolgerei la domanda per sicurezza a chi fa l’insegnante di scuola guida. Ieri pomeriggio sono entrato in un bar e visto che siamo a metà settembre ma, dal caldo che fa, non si direbbe, ero talmente a secco di liquidi che ho chiesto la cosa più dissetante esistente in commercio. Ho detto proprio “prendo la cosa più dissetante che ha”. Nessuno ha osato proporre la birra e così mi sono fidato del barista che ha aperto il frigo con una piroetta e mi ha stappato una Lemonsoda sotto ai miei occhi.
Sono uscito così a berla sotto una tenda di un brand molto più alcolico di quello che stringevo in mano ed è lì che ho notato una Twingo di una scuola guida ferma poco più avanti. Una ragazza bionda, seduta al volante, si rivolgeva con un tono tutt’altro che gentile all’uomo al suo fianco puntandogli persino l’indice contro come se l’istruttore fosse uno di famiglia o si trattasse di una questione privata, più che una discussione sul modo più consono per affrontare una rotonda nell’ora di punta. Se fossi stato in lui avrei risposto a così tanta sgarbataggine con del jazz modale. Ma, a parte noi protagonisti di questo frammento di fine estate, tutto intorno non si vedeva altro che insegne di botteghe palesemente ispirate all’estremo oriente. Il barista mi ha raggiunto fuori e, notando il mio stupore verso quella densità di popolazione non autoctona – non mi trovavo in un luogo abituale -, ha colto il mio stesso pensiero ma lo ha espresso in un modo in cui io mai mi sarei sognato. I cinesi sono i nuovi schiavi della società, così mi ha detto, perché sono gli unici in grado di adattarsi a fare qualunque cosa, a qualsiasi prezzo in qualsiasi condizione. Il tempo di finire l’ultimo sorso della bevanda (che dovevo ancora pagare) che un uomo vestito di tutto punto, persino con addosso un giubbotto, si è intromesso mentre il barista ed io chiacchieravamo, correndo dietro al suo cane tenuto al guinzaglio. Se l’animale fosse stato libero si sarebbe trattato sicuramente di un inseguimento, ma così aveva tutta l’aria di un atto volontario. Non so se è l’intenzione di scrivere qualcosa a proposito di questo che mi ha fatto per la prima volta sentire onnipotente, prima o poi queste piccolezze la finiranno di saltarmi addosso per essere raccontate ma, nel frattempo, mi sento capace di descrivere tutto.