Il vantaggio del sistema emotivo standard va quindi identificato nella possibilità di avere a disposizione una library condivisa alla quale attingere ogni volta in cui ne sentiamo il bisogno. Questo consente l’ottimizzazione delle risorse che, erogate via web, ci permettono di liberare spazio dentro di noi da dedicare a quello che ci pare. Per lo più ricordi e cose di tutti i giorni. Per i non addetti ai lavori, l’esempio da tenere in considerazione è quello della musica. Anziché occupare memoria di pc, tablet e smartphone con i file delle canzoni, è sufficiente richiamarli dal cloud ogni volta che vogliamo attraverso la nostra connessione wireless o telefonica di nuova generazione. La differenza è che, nel caso degli stati d’animo, al momento non è previsto un servizio a pagamento premium, pro o de luxe, quindi già nel contratto base c’è davvero ampia disponibilità di materiali. Ma i meno ottimisti – o quelli più soggetti al fascino dei complotti – già hanno fiutato l’ennesima truffa ai danni dei consumatori. Perché sprecare energie e tempo a gestire anche le emozioni più rare, quelle di nicchia, quelle meno commerciali, quelle che riguardano la minoranza ad alta sensibilità? Perché non lavorare solo sugli aggiornamenti delle emozioni mainstream, magari facendole anche più ampie in modo da accontentare una massa di individui sempre più corposa e da favorire il riconoscimento a questo o quel modo di sentire generalizzato con più facilità? Si finirà con avere un monopolio anche in questo settore così delicato? Facciamo un esempio. Riflettere su cosa saremo tra dieci anni, nel caso di un utente finale quasi cinquantenne, comporta vibrazioni abbastanza similari al ricordo di quello che si provava a distanza di uno stesso lasso di tempo in precedenza, trascorrendo un pomeriggio estivo sotto le frasche di ferragosto. In un futuro prossimo, l’emozione provata sarà la stessa, priva delle sfumature accessorie: l’abbandonare le membra a una proiezione futura del sé sempre più ridotta per ragioni anagrafiche, da una parte, la stessa cosa ma con l’errata consapevolezza che le cose non hanno una fine né uno scopo dall’altra.