A una parte di italiani e alla stampa prezzolata che a questa parte vuole dare voce, il presunto sbeffeggiamento pubblico di Sarkozy nei nostri confronti proprio non è andato giù, tanto che il declassamento e conseguente accorpamento della Francia nella categoria dei meno virtuosi suona quasi una resa dei conti degna di una prima pagina vendicativa o di un titolone sul mezzo gaudio da male comune. Ma sono certo che la A in meno ha costituito una fonte subdola di soddisfazione non solo per quello schieramento, vista la tradizionale quanto immotivata e infantile rivalità nei confronti dei nostri vicini. E peggio di essere surclassati economicamente (è proprio il caso di dirlo) dai francesi c’è solo la sconfitta in una partita di calcio tra le nazionali, magari nel corso di una competizione europea o mondiale, casistica che saluto invece con estremo gaudio dal mio profondo disprezzo per il business pallonaro, assai più oppiaceo di qualunque religione riconosciuta. Ma, tornando al casus belli, è chiaro che ad oggi sia per Atene che per Sparta non c’è motivo di essere sereni. E dopo il “ridi pagliaccio” del Giornale, speriamo che un qualsiasi quotidiano francese non debba uscire, un domani, con un veritiero “italiani, non vi resta che piangere”.
Standard & Poor’s
missed italia
StandardPersa, andata, puff. L’Italia retrocessa e declassata è un flop come i concorsi di bellezza pieni di ragazze a ombelico coperto, una pudicizia che fa ridere ai tempi delle patonze con servizio a domicilio. E poi ci si stupisce che non fanno audience, quando sugli altri canali si vede ben altro. Fermate la gara, fateci scendere!, reclamano tutti in coro, industriali e sindacati, anziani e giovani, i poveri dichiarati e quelli destinati a diventare tali. Per i pochi altri che non se ne curano, questa grottesca competizione può andare avanti pericolosamente così, fino alla proclamazione della vincitrice, l’ultima candidata immortalata stretta in lacrime nell’abbraccio ipocrita con la seconda classificata. Un paradossale spaccato di un paese che vuole credersi così, in passerella, come ai tempi del boom in bianco e nero. E, sotto, i pochi irriducibili luogotenenti azzimati ad applaudire i buoni e fedeli servigi del direttore di rete resi con il benestare del padrone, che contempla il suo raccolto e pensa già alla semina per la stagione che seguirà.