a parlare sono capaci tutti

Standard

L’idea di mescolare tv e radio insieme che hanno avuto alcune emittenti approdate sul digitale terrestre confonde un po’ le cose, impone a chi ci lavora di osservare un dress code più studiato considerando che ti vedono in tutto il mondo ma, ed è qui che la trovata fa la differenza, ti fa capire che gli speaker esistono realmente e fanno il loro show in diretta. E, soprattutto, si vede come lo fanno. Indipendentemente dal fatto che troviate interessanti o meno le cose che dicono, io sono del partito degli “o meno”, ho scoperto che gli speaker radiofonici stanno in piedi e si muovono come i presentatori in tv. La differenza è che non guardano le telecamere ma tengono gli occhi su un monitor o su degli appunti che hanno davanti. D’altronde pensateci un attimo: quando ascoltiamo la musica su che cosa si soffermano i nostri occhi? Io non osservo nulla, è come quando sei a pranzo da solo o quando rifletti su qualcosa e lo sguardo ti si perde nel vuoto tanto che, a chi ti sta vicino, gli viene da agitarti il palmo delle mani davanti per vedere se ci sei ancora o sei altrove.

Certo, rimane il dubbio se prima dell’avvento di questo format multi-canale gli speaker radiofonici stessero stravaccati su un divanetto e la produzione gli ha imposto di mettersi in piedi per non dare l’idea al pubblico e agli sponsor pubblicitari che il lavoro che svolgono è uno di quelli che quando lo dici in giro la gente ti chiede “ok, ma che lavoro fai veramente?”. Un po’ come l’idea che gli anchorman dei telegiornali stiano seduti alla loro postazione in giacca e cravatta ma sotto sono in mutande o, per fare un esempio più vicino a noi comuni mortali, quando fate una video-conferenza da casa e la webcam è puntata sull’unica parete presentabile del vostro studio mentre tutto quello che non si vede è sommerso da cumuli di roba da stirare e pile di stoviglie sporche, e voi avete l’unica camicia pulita ma dalla vita in giù indossate ancora il pigiama e le ciabatte.

A me la cosa che colpisce di più però è come parlano bene, che non si mangiano le parole come me e come la totalità delle persone che conosco, e che però, lasciando perdere i contenuti che è fuffa allo stato puro, hanno una lingua che se ce l’avessi io qui in ufficio colleghi e clienti mi rispetterebbero molto di più. Sarà una questione di esercizio? Io passo il tempo a scrivere stando zitto, non mi esercito e quando sono tenuto a spiegare qualcosa ho sempre tutto in testa ma non riesco a dirlo. Poi la domenica amo fare cose come girellare in bici nella periferia a scovare spunti sufficientemente deprimenti per scrivere post e fare foto ma non mi piace raccontarlo a nessuno. Vedo materassi abbandonati all’ingresso dei cancelli di fabbriche che hanno chiuso da anni, stranieri sgomenti che l’occidente sia davvero così mentre aspettano il tram sotto pensiline arrugginite e tutte pasticciate, tralicci dell’energia elettrica alti come grattacieli che campeggiano su campi incolti a ridosso di quartieri in costruzione e con insegne di discount sullo sfondo al tramonto, avventori di bar a gestione cinese così anziani che quando chiedono notizie sui loro amici che vivono in fondo alla strada e che non si vedono più da mesi sono pronti a qualunque tipo di aggiornamento, anche quello che può chiudere ogni conversazione definitivamente.