Non sono poche le persone che conosco che condividono con me quel forte senso di colpa che ti impedisce di entrare in un negozio con un sacchetto di un altro negozio, peggio se concorrente. Ora magari non ce ne facciamo più nulla di questo atteggiamento remissivo nei confronti degli esercenti per una serie di fattori che forse non è nemmeno il caso di ricordare. Intanto certi sacchetti sono diventati fuorilegge, ti danno quelle buste di quel materiale assurdo che basta uno spigolo di cartone per ritrovarti in mezzo all’attraversamento pedonale con il patatrac compiuto e la gente che ti osserva divertita senza nemmeno un accenno a darti una mano, anzi pronta a trafugarti la spesa perché vittima della crisi e della fame. Mettici anche che il concetto di negozi del centro come c’era una volta non esiste più a meno che non siate vittime del loop della fuffa cinese, allora questo è un altro paio di maniche. Comunque non è che oggi scendi in strada e compri un gilè in un posto e poi una maglia in un altro, perché i negozi che vendevano qui il gilè e lì la maglia hanno chiuso da un pezzo e al massimo ti puoi fare una puntata al videopoker, metterti nelle mani di una massaggiatrice orientale, comparare il look dei vari agenti immobiliari uno di fianco all’altro o chiedere informazioni sulle sigarette elettroniche. Oggi i grandi giochi dello shopping si svolgono unicamente nei templi ad esso dedicati in cui nessuno fa più caso a cosa compri e dove, tanto la roba è tutta uguale. Poi ci sono le impiegate che usano i mini-sacchettini per metterci l’insalata e quei beveroni dietetici dai colori allarmanti da consumare a pranzo, quindi laddove l’uso delle borse per la spesa con i brand commerciali è in auge state attenti a giungere a conclusioni affrettate. Possiamo dire quindi che la modernità oggi ha reso uno dei tanti forzati eccessi educativi del passato finalmente superati, proprio grazie al mix tra tecnologia, costumi, abitudini sociali, contesto economico e una spruzzata di ignoranza, magari non siamo nemmeno più in grado di leggere cosa c’è scritto sotto quei logo così hi-tech del settore dell’abbigliamento. Inutile dire che quel forte senso di colpa che ti impedisce di entrare in un negozio con un sacchetto di un altro negozio io l’ho ereditato da mia mamma, una spendacciona di altri tempi, e che malgrado l’uniformità di gusto figlia del nostro tempo e che impone la più vasta ricchezza di omologazioni mai viste – in fatto di look e non solo – io continuo a tirarmelo dietro. In un sacchetto che non so dirvi di chi sia.