ho preso nove in tecnica

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È andata che mia figlia, che spesso ha modi un po’ sbrigativi ed è in quell’età di mezzo in cui ancora non ha preso le misure con la propria forza fisica e con la sbadataggine derivante dal non conoscere con certezza il volume occupato dal suo corpo, dicevo che mia figlia ha commesso l’epic fail o errore fatale di strappare una tavola piuttosto complessa composta da numerosi cerchi e sezioni degli stessi che componevano un fiore che poi avrebbe dovuto colorare. La stava estraendo da quei temibili raccoglitori di fogli da disegno con gli angoli di carta e l’ha combinata grossa, considerando che erano le nove di sera e la tavola avrebbe dovuto consegnarla la mattina successiva. Non vi dico il panico anche perché c’erano altri compiti da finire. Così ho preso in mano la situazione e, probabilmente sbagliando perché lo so che non si devono deresponsabilizzare i ragazzi nello svolgimento del loro dovere, ho pensato di darle una mano. Ci siamo divisi il lavoro: io avrei fatto la parte di disegno con matita, squadre e compasso, e lei avrebbe poi colorato. Tengo a sottolineare che il disegno e le applicazioni tecniche, come si chiamavano una volta, sono sempre state la mia bestia nera. Imprecisione, tratto poco convinto, linee sbavate e fogli sporchi mi costringevano a improbabili recuperi con le interrogazioni sulla parte teorica per strappare la sufficienza. Peraltro la tavola in questione necessitava di una serie di passaggi di cui nemmeno mia figlia era sicura, in quanto il lavoro era stato fatto in classe con la guida dell’insegnante. Per farla breve, non ci crederete ma sono riuscito a portare a termine il disegno con un livello di attenzione e di pignoleria in cui davvero fatico a riconoscermi. Ma, sapete, quando c’è di mezzo una figlia si fa questo ed altro. Il problema è che il risultato sembrava sin troppo perfetto per essere un lavoro svolto da un ragazzino, senza contare che mia figlia ha fatto la sua parte colorando al meglio delle sue possibilità. Mia moglie ha persino insistito sulla necessità di abbruttire il disegno in qualche modo per renderlo più realistico, ma poi alla fine lo abbiamo lasciato così. Insomma, ieri mia figlia è rientrata da scuola con un bel nove preso per la tavola che ho fatto io. Non vi sto a dire quanto mi sia vergognato per l’inganno perpetrato all’insegnante, ci siamo tutti promessi di non ripeterlo mai più e vi prego di non rincarare la dose, ho già uno sviluppatissimo senso di colpa. L’unica cosa positivo di tutto ciò è che per la prima volta, nella mia vita, ho preso nove in tecnica, un voto che a distanza di trent’anni comunque è ancora in grado di alzare la mia media in questa materia.

cronache della vigilia

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No, non è certo un giorno come tutti gli altri e nessuno sembra comportarsi come se lo fosse. Qualcuno sta salendo le scale dal meno uno al secondo piano fischiettando strofa e ritornello di “Heart of glass” di Blondie, non è una melodia delle più semplici in più ci sono pause anomale da rispettare e, se proprio si vuole andare a tempo, c’è almeno uno dei ritornelli con una battuta dispari e nessuno si ricorda mai quale. Più o meno contemporaneamente, ma in un altro posto, una mamma sbaglia clamorosamente squadra di pallavolo, che detta così, fa già sorridere di per sé. Voleva accompagnare la figlia a provare una compagine fortissima di un paese vicino così ha cercato informazioni sul sito internet ma ha trovato la società sportiva sbagliata, così la figlia si è allenata con un gruppo di giocatrici più che dilettanti. Ora entrambe, madre e figlia, sono al telefono con mia moglie che non nascondono la delusione dell’equivoco e a scambiarsi particolari su questo aneddoto divertente, ci sarebbero infatti altri dettagli da sottolineare ma ho finito i sinonimi per definire un team di volley senza specificarne il nome proprio e cadere in ripetizioni. Poco dopo il ministro Maria Elena Boschi inizia con il suo repertorio di moine e faccette e occhioni spalancati e labbra lucide a un talk show in prima fascia serale tanto da rendersi più insopportabile di quanto normalmente è, d’altronde ve l’ho detto che non è certo un giorno come tutti gli altri e nessuno sembra comportarsi come se lo fosse.

Arriva poi il momento di radunare i compiti svolti, anche se l’equivoco di esercitarsi lungo un’estate transitoria come quella di passaggio dopo la scuola primaria lascia sgomenti un po’ tutti. Nel dubbio, è bene infilarli in cartella. Ecco, lo zaino nuovo, che era diventato un incubo, perché cercandolo in rete poi per per le settimane successive tutto era diventato un megastore Eastpak, con banner e pubblicità Eastpak in tutte le pagine e questa cosa della pubblicità sull’Internet ha davvero rotto il cazzo anche perché non credo di aver mai cliccato su un prodotto suggerito da questo sistema compulsivo di advertising in vita mia, nel senso che so quello di cui ho bisogno, dove e come cercarlo. Mi chiedo anche quanto sia redditizia la pubblicità online, o almeno questo tipo di pubblicità rispetto a quella più subdola ma efficace, quella del marketing nascosto sotto le sembianze di notizie, commenti, post e amici e gruppi di socialcosi apparentemente indipendenti.

Ma, messe a tacere le polemiche, è meglio fare il punto sui libri di testo, sulla cancelleria e chissà se, il primo giorno di prima media, serve portare un quaderno. Nel dubbio, qualche foglio a righe e qualche foglio a quadretti in un contenitore è meglio averlo a portata di mano, non si sa mai. Che poi questo darsi da fare per i figli alle medie può essere un controsenso. Io me l’ero sbrigata da solo, non mi aveva accompagnato nessuno il primo giorno. Conoscevo già la sezione in cui ero stato estratto, tutta maschile e senza nemmeno un compagno delle elementari, ma nel giardino della scuola non riuscivo a trovare il punto di raccolta della mia classe perché un pluri-ripetente si era messo davanti al cartello per nasconderlo ai nuovi arrivati come me.

La degna conclusione di questa serie di presagi è una pizza surgelata scaldata in forno e colma di peperoni, il cui ritorno mi sveglia in piena notte come segno inconfondibile che è meglio ricordare da qualche parte come è stata la vigilia dell’inizio di un nuovo ciclo della vita, quella di mia figlia e di conseguenza la nostra di genitori. Forse ho fatto lo stesso prima del primo giorno di scuola elementare, ma mi viene il dubbio perché questo blog mi pare non fosse ancora nato.

storie nella media

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Il Papa è morto stanotte a tempo di record. Peccato perché aveva l’aria di una persona mite, lo penso davvero mentre seguo i particolari al giornale radio e faccio colazione. Mamma è visibilmente emozionata, la vedo lavare le tazze già proiettata sul conclave che sarà, considerando che ne è appena finito uno. Poi esco e mentre attendo la campanella, davanti a scuola, presto attenzione alla madre del mio compagno di classe che è molto informata sulla storia della chiesa, so che ci passa molto tempo. Dice che è uno dei papati più brevi, che ce ne sono stati altri ancora più corti ma  in momenti così lontani in cui la storia vista dal 1978 potrebbe anche essere tutta un’invenzione. Fa anche qualche esempio e la sento nominare un Celestino, un Bonifacio e un Leone con qualche numero dopo che mi sfugge, dato che nel frattempo mi distraggo chiedendomi il motivo per cui la mamma del mio compagno di classe lo accompagni ancora a scuola. Trovo però la risposta nel fatto che in classe con noi, in prima media, c’è uno che ha quindici anni e gira con una catena con cui ammazza i piccioni. Quando vede i crocchi di piccioni intorno al cibo lancia la sua catena certo di colpirne almeno un paio. Proprio così, senza motivo. Il suo braccio destro che ha un anno in meno ma è in seconda, è quello che si ingegna a scardinare i distributori automatici a scopo di lucro. L’ultimo colpo è stato contro quello dei settebello Hatù che c’è fuori dalla farmacia di fronte, ma di monete non c’era granché così ha preso tutte le confezioni di preservativi e le ha distribuite all’ingresso, anche se in molti come me non sapevamo che cosa fossero ancora prima di comprenderne l’utilizzo. Sono un ipocrita e mi godo quella protezione gratuita fingendo interesse verso le vicende del Vaticano solo perché è sopraggiunto il tizio che ha fatto a pezzi il mio abbonamento per l’autobus con la sua scorta di fratelli tutti in serie, quelli che passano la maggior parte del tempo fuori dall’aula perché dentro non li vuole nessuno. Una volta hanno costretto un ragazzino a leccare i camperos di uno di loro. Al mio compagno di classe per ora non è successo ancora nulla. Eravamo insieme anche alla scuola elementare, visto che il complesso didattico è lo stesso ci teniamo a dare nostre notizie alla nostra ex maestra che invece ha ricominciato dalla prima. Nell’intervallo attraversiamo il giardino comune e andiamo a trovarla, ci fa sentire grandi e cresciuti rispetto ai suoi nuovi alunni in miniatura. Qualche tempo dopo ho un battibecco con un ripetente, però, e la cosa finisce con la resa dei conti all’uscita. Ci aspettiamo fuori poco convinti, lui non è uno di quelli aggressivi perché ha qualche problema di una specie di incontinenza e tutti lo prendiamo in giro. Ci spintoniamo un po’ prendendoci per il grembiule fin dentro la cabina telefonica, poi smettiamo e torniamo a casa facendo una parte del percorso affiancati, chiedendoci chi dei due avesse vinto. Il mio compagno di classe invece stende con un paio di mosse di qualche arte marziale imparata al cinema un ragazzino ampiamente più piccolo di noi, e quando è a terra gli molla pure qualche calcio nello stomaco. La cosa non sfugge a uno della banda dei fratelli. Il giorno dopo gli stanno per tendere un’imboscata, lui se ne accorge e scappa all’istante con uno scatto da campione di atletica. E non tutte storie vanno a esaurirsi non appena ne nasce una più grave o quando alla violenza iniziano a preferirsi le ragazze. Il più piccolo della banda dei fratelli poi un giorno mi dà dei soldi e mi chiede di comprargli le sigarette, a lui il tabaccaio non le vende mentre io ho la faccia da bravo ragazzo. Da quel giorno ho una sorta di programma di protezione perché gli tengo in custodia anche il pacchetto, visto che a lui lo perquisiscono prima delle lezioni. Un fattore che potrei usare a mio vantaggio contro Rossi, che è nel banco dietro al mio e che in un raptus di rabbia per i miei voti mi spacca una squadra da disegno tecnico in testa. Ma poi penso sia meglio di no. Rossi è senza padre, mi pare sia sfortunato già di per sé.

secondariamente

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Leggevo non ricordo dove (ecco perché questo blog non può essere considerato una testata giornalistica) che c’è uno stretto rapporto causa-effetto tra la crescente presenza di plastica nelle nostre case, e in genere in tutti gli ambienti che frequentiamo quotidianamente, e l’abbassamento dell’età in cui ragazzi e le ragazze salgono, lieti e pensosi, il limitare di gioventù (cit.). Sostanze cioè che agiscono da catalizzatore e favoriscono la maturazione fisica e conseguentemente sessuale dei più giovani, anticipando nei punti – diciamo – giusti del corpo la mutazione adolescenziale. Il problema è che, a quanto pare, il cervello invece resta lì, ancorato alla sana immaturità e alla insana mitologia puberale, fatta di cose da piccoli non più piccoli che però necessitano ancora il filtro dei genitori. Un aggiornamento circa la fonte: mia moglie mi ricorda di avermi dato lei questa informazione, dopo averlo sentito in un documentario scientifico. Tantomeno ora sono una testata giornalistica. Ma torniamo a noi.

Se inscriviamo questo processo nella splendida cornice di tutto quello da adulti che si vede in giro, per non parlare dei video e dei format di MTV, la visione dell’innocenza secondo Antonio Ricci e via dicendo, per i genitori di bambine, e guarda caso il Vostro appartiene a questa categoria, non è certo un bel momento. E io che pensavo che toccato il fondo di “Non è la rai” non ci sarebbe stato altro, che bastasse oscurare le reti Mediaset per non incorrere nel cattivo esempio delle ninfette e dei fauni in competizione, del loro bisogno di esprimersi danzando e cantando per i loro coetanei, se non per gli adulti. Questo fenomeno di imbarbarimento ormai sembra veleggiare verso lidi inesplorati e rischiosissimi, proprio ora che tocca anche a me, mannaggia, reggere il timone.

Ma l’insieme di giovanissimi su cui il mercato punta per incrementare il loro peso decisionale in famiglia, fornire in offerta speciale quel minimo di autorevolezza utile a far pesare una opinione nella scelta dei prodotti e, in genere, nei consumi familiari e individuali, è oltremodo eterogeneo. L’uditorio può quindi disorientare l’osservatore. La categoria a cui questo gruppo in condizioni normali (diciamo fino a due o tre generazioni fa) apparterrebbe, mantiene strascichi di caratteristiche ancora infantili, perché è composta dagli stessi che comunque non si vergognano ancora a giocare con i loro fratelli minori, vanno in vacanza con i genitori, non possiedono mezzi di trasporto a motore e che, basta allargare di poco i parametri, può essere estesa anche ai bambini più piccoli. È la costante catena delle miniature: bambini mini-adolescenti, ragazzi mini-adulti, con la supervisione di adulti mai vecchi.

E a proposito di teens, provate a mettere in fila quelli già di là vicino a quelli ancora di qua, alti uguali e della stessa età ma l’uno poco più che un bambino e l’altro che si rolla una canna, oppure osservate la fanciulla per cui il ballo è il movimento di un gioco collettivo e la sua coetanea per cui invece è un mezzo di seduzione individuale imposto dalla cultura imperante che sulla seduzione non stop si basa, a maggior ragione se in realtà non sta ballando ma imita solo un modello assorbito dalla TV. Ecco, metteteli in fila, chiudeteli in un’aula scolastica e provate a pensare a un programma che vada bene a tutti. Io gli insegnanti delle scuole medie non li invidio proprio per nulla. E, finché mi è possibile, nemmeno i genitori dei loro alunni.