Oramai non ci casco più. Mi basta leggere la prima riga, vedere la thumbnail che accompagna il titolo, buttare un occhio sul frame di preview del video. Quando dicevo che sarebbe bello, ogni tanto, potersi permettere una reazione come quella di un bambino di sei anni è proprio questo che intendevo. Fermo restando che c’è pieno di adulti che fanno i bambini tout court ma questo è un altro paio di maniche. Invece riempire le guance d’aria e poi soffiarla fuori per manifestare noia, fastidio, disaffezione o insofferenza è un modo così efficace per allontanare da sé le cose sgradevoli che assume persino il significato fisico dell’atto in sé, e cioè fare vento misto ad aria viziata per allontanare la scocciatura e farla sparire oltre il proprio campo visivo. Perché è chiaro per tutti, vero, che ci sono facce e figure che quando ti si delineano davanti ti viene già da sbuffare? E tutta la forza che l’azione dello sbuffare ha in sé, con quel suo suono onomatopeico della u e della effe che metterebbe kappa-o meglio di qualunque altro pretesto chi ti interrompe dalla lettura del tuo fumetto preferito, quando hai dieci anni, per finire di mettere in ordine. Da grande invece suona come un affronto ed è per questo che destabilizza l’avversario – materiale o meno – e che rende invincibili. E chissà da dove nasce, da quale bisogno primario sarà nata questa esplosione di carattere che ci rende simili agli elementi primitivi della natura con la giusta combinazione climatica e geologica. Cose come il vulcano che erutta, il geyser che sfiata, la pentola che ribolle. Ed eccola, caro lettore, l’arma più potente contro chi ti vuol far perdere tempo. Quando stai per leggere ma ti accorgi di sapere già cosa c’è scritto, quanto stai per ascoltare ma sai già di cosa ti parleranno, quando stai per dare la tua disponibilità ma sai già che cosa ti chiederanno di eseguire, tu sbuffa. La soddisfazione è assicurata. Ufffff.