Oggi ci siamo chiesti chi potrebbe essere in grado di lavorare otto ore al giorno in un data center, quelli con il corridoio caldo e il corridoio freddo ad alta densità di apparati che fanno un baccano infernale senza interruzione, che già c’è gente che si lamenta per le ventole dei pc figurati in questi tunnel del vento. Ci vorrebbero i paraorecchie. Ma nessuno ci passa più di brevi frazioni della sua giornata lavorativa, qualche ora a staccare e riattaccare cavi e prese, controllare procedure. E nel bel mezzo di questa riflessione ho avuto un’idea. Mettiamo in competizione due macchine. Avete presente Shazam, l’app che ti riconosce la canzone al posto tuo. Caro, di chi è quella canzone…? Quella che fa…? Ma intendi quella di quel gruppo che…? Quelli che avevano fatto anche…? Ora i tempi dei grandi vuoti di memoria sono finiti. Attivi Shazam, metti lo smartcoso in posa davanti alla fonte sonora, e Shazam ti restituisce il titolo, l’autore, il cantante e pure la copertina e anche i link per acquistarla on line. Così ho acceso (si dice accendere un’app? Come accendere la radio?) Shazam davanti a uno degli armadi pieni di server e di apparati di storage del data center in cui mi trovavo per lavoro. Shazam ha compiuto il suo cerchio intorno al suo logo, questa è l’animazione standard che indica che Shazam sta pensando. Shazam ha compiuto il suo cerchio intorno al suo logo e io pensavo a quale canzone avrebbe associato il rumore del data center. Qualche gruppo industrial? Gli Einstürzende Neubauten? Un motivetto dei Godflesh o dei Cop Shoot Cop? Qualcosa dei F.A.R? Ed ero tutto contento per il risultato che avrei trovato e di come avrei potuto descrivere la cosa sul mio blog, sfoggiando tutta la mia cultura musicale, anzi, rumorista, sul genere. E sapete invece cosa ha trovato Shazam?
*no, non ha riportato “Rumore” di Raffaella Carrà