non pregate al conducente

Standard

Dopo il caso degli autisti duepuntozero, un altro eclatante episodio di feticismo ostentato di simboli di culto durante lo svolgimento di pubblico servizio. In hoc signo vinces, è proprio il caso di dirlo. Ma questa volta il simbolo non è la mela morsicata di Steve Jobs sull’iPad manovrato contestualmente al volante dell’autobus dal guidatore, bensì la croce del cristianesimo unita a una corona del rosario penzolante dallo specchietto retrovisore. Il pullman è quello di linea tra Bergamo e la Val Seriana, purtroppo non ci sono materiali visivi a supporto se non la mia memoria e la descrizione che ne consegue. Quindi dovrete fidarvi. Ora, il primo spunto di riflessione è l’utenza di tale mezzo pubblico, almeno quello su cui sedevo anche io, che di primo acchito non dava l’impressione di aderire ai riti di Santa Romana Chiesa. Questo potrebbe spiegare l’installazione di uno strumento accessorio di sicurezza a bordo, uno scudo crociato volto a proteggere l’autista dai nemici dell’occidente. E ci si domanda chi abbia curato l’allestimento dei bus di linea, e se la metafora dei grani sia una rappresentazione visiva delle fermate lungo la strada fino a destinazione, un sistema satellitare con il quale l’utenza riesce a seguire il tragitto, ogni grano una preghiera di fermata a chi guida e magari si dimentica. O forse la collana con croce annessa è a discrezione del conducente, anche se le esclamazioni che gli ho sentito proferire durante gli oltre cinque chilometri di marcia a dieci all’ora dietro al valligiano a bordo dell’Apecar colmo di legname mi hanno convinto del contrario. A meno che non si tenga conto del dialetto, e le bestemmie siano da condannarsi solo se nella lingua ufficiale di uno stato laico.