alla festa di compleanno di Robert Smith

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Lo scorso 21 aprile Robert Smith ha compiuto 58 anni e il mio consiglio ĆØ di non chiedergli come ci senta a un passo dai sessanta, considerato che alla soglia dei trenta era giĆ  preoccupato di diventare vecchio e, forte anzi debole di questo spirito, ha prodotto “Disintegration”, uno degli album piĆ¹ belli della storia dei The Cure. Lo so, piĆ¹ belli ĆØ una definizione puramente soggettiva, diciamo allora piĆ¹ famosi e piĆ¹ venduti. Secondo me ĆØ uno dei migliori e non mi metterĆ² certo a fare una classifica perchĆ©, a parte gli ultimi che ho ingiustamente snobbato, non mi stuferĆ² mai di ascoltarli finchĆ© i solchi dei loro vinili non si consumeranno, e quando si consumeranno continuerĆ² a consumare gli mp3. Non tocchiamo infatti il tasto dei cd, perchĆ© tornerei indietro nel tempo solo per comprare “Wish” su vinile. Lasciatemi da solo a riflettere su questo dolore privato, grazie.

A Robert Smith possiamo anche ricondurre il miglior film dedicato a una star della musica. Lasciate perdere i film sui Doors, su Kurt Cobain e persino su Ian Curtis. Volete mettere tutta questa agiografia superficiale e sensazionalistica con “This must be the place”? Chi l’ha detto che una biografia debba essere per forza una biografia basata su dati e informazioni comprovate?

Robert Smith con i suoi The Cure rientra nella triade del mio olimpo musicale insieme a David Bowie e ai Genesis rigorosamente con Peter Gabriel, per questo mi permetto di parlarne in questi termini. Mi accompagna fedelmente dai tempi di “Pornography” (prima nemmeno lo conoscevo, che i fan della primissima ora mi perdonino) ma poi, come tutti voi, mi sono spinto a ritroso fino alla loro preistoria. Posso senza problemi identificare le pietre miliari della mia vita con alcuni dei loro album piĆ¹ blasonati, e mi riferisco a “The head on the door” e i sopracitati “Wish” e “Disintegration”, per il resto anche durante periodi di ascolti per certi aspetti agli antipodi mi sono sempre tenuto una fiammella accesa dentro pronta a ravvivare un incendio di emozioni nei momenti che me lo hanno permesso proprio con le loro canzoni. Il timbro di Robert Smith ĆØ inconfondibile e beato chi lo puĆ² ascoltare a cena a chiacchierare del piĆ¹ e del meno, al telefono per vendergli polizze assicurative, sul lettino nel corso delle sedute di analisi, ammesso che ne abbia bisogno, o tra i banchiĀ scuola. La sua maestra avrĆ  apprezzato la voce del futuro leader dei The Cure? Noi al massimo possiamo arrivare agli esordi delle sue demo, un Robert Smith piĆ¹ o meno post-adolescente ancora prima che post-punk, a cantare canzoncine come questa qui.