Tra i membri di una classe di un qualsiasi corso di qualunque natura, fotografia o attività sportiva amatoriale o scrittura creativa o avviamento alla degustazione di birre, oltre al leader, al suo braccio destro, i gregari, quelli che si imboscano, quelli che aiutano e quelli che dicono si potrebbe e si dovrebbe, trovano spesso posto quelli che fanno il regalo di fine anno all’insegnante e raccolgono i soldi, talvolta in palese conflitto di interesse se l’oggetto del dono è di loro competenza, lo commercializzano, lo assemblano, lo producono. Io poi non sono molto portato per i regali, un po’ perché sono ligure e mi spiace separarmi dal denaro, un po’ perché sono entrato in crisi da quando non si possono regalare più dischi perché tutti se li scaricano, non si possono regalare libri perché nessuno legge più, per gli oggetti personali occorre conoscere bene il territorio per sapere dove acquistare cose fighe senza andare in rovina, si possono cercare cose carine su Internet ma poi mi ricordo troppo tardi e non ci sto dentro con i tempi di spedizione. Un tempo andavo sul sicuro con i miei scrittori preferiti. Ma è l’idea in sé che mi turba, non so, non mi sembra il caso. Comunque regalare un libro a una che fiacca di addominali il prossimo due volte alla settimana può sembrare pretenzioso. Forse è per questo che quella che nel mio corso di atleti della terza età si è auto-incaricata in pieno trend grillino di rappresentare il gruppo per la scelta del regalo di fine anno a suggellare l’entusiasmo degli iscritti per i risultati conseguiti, forte della sua appartenenza a una setta di fanatici del biologico da ricchi, ha optato per un cesto di prodotti a chilometro zero, quelli della cosa giusta e dei mercatini della solidarietà e della salute anti-GDO alimentare. L’operazione è iniziata con largo anticipo, almeno a un quarto del secondo quadrimestre, e ora vira verso la conclusione, con tanto di consegna ufficiale e baci sulla guancia di ringraziamento programmata per l’ultima lezione. A cinque euro a cranio, che io manco a farlo apposta me ne dimenticavo sempre ma, ogni volta, c’era proprio lei a ricordarmelo. D’altronde, defilarsi mi pareva brutto, vero?