Cercare conforto tra la folla o nel raggio di sole sotto il quale catturare un po’ di calore come in quel film dei miracolati milanesi inoperosi e per questo neorealisti poco realisti, è un’esperienza fallimentare e ne ho le prove. Intanto perché il sole in questi giorni non funziona o è difettoso. Secondariamente, tra il brusio della calca urbana e fintamente multietnica del mattino non si percepiscono belle parole. “Commercialista” è una delle esclamazioni più facili da cogliere, basta fare attenzione e prima o dopo qualcuno la pronuncia, ma converrete con me che non si tratta certo di una parola di quelle che uno la sente, sospira e si guarda davanti speranzoso nel domani. Anche “Maroni” è un termine che se si potesse dare vita a una nuvoletta con le keyword più hot del momento avrebbe un fontsize spropositato almeno da queste parti, che poi tutti lo collegano solo al Nuovo Ordine Padano ma come sapere i maroni qui sono sulla bocca di tutti, sopratutto la mattina e se fa freddo e vai al lavoro. Le occasioni non mancano. Stamane era molto in voga anche “contratto”, si dice che quando uno parla tanto di sesso è perché ne fa poco e tutti parlano di rapporti di lavoro perché non ce n’è. Infine in “home” c’è sempre qualcosa, lo trovi in home, se scorri la home in basso trovi il link, si danno indicazioni sui siti e tutti non vedono l’ora di arrivare e accendere il pc ma nel frattempo si sono dimenticati del consiglio. Quello che manca è la poesia, magari ce l’abbiamo dentro ma è talmente ben nascosta che non si vede, se la sussurriamo a chi ci cammina a fianco è inutile perché con tutto questo baccano non si sente nulla. O se ci scappa mettiamo la mano davanti come quando chi pensa di avere cose riservate da dire al cellulare si copre la bocca, qualcuno potrebbe pensare che parliamo una lingua straniera e allontanarsi diffidente.
rapporti interpersonali
troppa grazia
StandardIl senso di auto-umiliazione che spinge all’eccesso di indulgenza verso i propri detrattori non ha nulla di cristiano, due guance sono già troppe e quando non c’è più alcuna parte del proprio corpo da porgere purtroppo ci sono ancora tanti modi per essere accoglienti verso chi ha già sfondato le porte e si è abusivamente insediato tra i sentimenti di chi soffre di questa patologia e, dopo il saccheggio, vi bivacca pure. L’amor proprio è sacro quanto il rispetto per il prossimo. Persone meno che deboli, non saprei come altro definirle, non esiste un termine scientifico per questo stato psicologico per il quale non si finisce mai di annientarsi contagiando tutti quegli altri che invece si adoperano per il loro bene ma che vengono respinti giù senza distinzione. Meglio starne alla larga, non c’è possibilità di convincerli a desistere dal suicidare la propria dignità a meno di non farsi abbracciare nell’istante letale in cui si appiccano il fuoco. L’equivalente di pagare un articolo in un negozio o acquistare un servizio in cambio di denaro, che già in condizioni normali è soventemente a svantaggio di chi riveste il ruolo di cliente, è un’operazione che non comporta un un sacrificio del fornitore o del commerciante che si priva di una importante parte di sé. Si tratta di una transazione di beni, un passaggio di risorse bilaterale per il quale nessuno rinuncia a qualcosa. La mancia è superflua, anche se dall’altra parte dicono che c’è stata abnegazione. Nessun grado di relazione – stretta parentela inclusa – dovrebbe giustificare chi infierisce su di sé a favore di terzi se i terzi sono i complici di chi opera la negazione della propria persona, oltre ad esserne gli aguzzini, perché si tratta di una lotta impari, almeno due contro un uomo morto, o un nessuno.
handle with care
StandardDovresti indossare i guanti per lavare i piatti, mi suggerisce mia suocera dall’alto dei suoi ottantadue anni di esperienza, guarda me come ho conservato bene la pelle. Ma i guanti non so nemmeno dove siano, a casa abbiamo l’abitudine di ammucchiare tutto in lavastoviglie e poi quando è colma avviare il lavaggio, raramente approcciamo quel lavoro domestico manualmente e le poche volte in cui accade è più il tempo perso a ricordarsi dove abbiamo lasciato i guanti la volta precedente che a terminare il compito. Si tratta però probabilmente di un comportamento dettato dall’inconscio, perché pur riconoscendone il valore protettivo, la sensazione che mi restituiscono è sgradevole. A parte il fastidio per la vestibilità in sé come tutti i capi di abbigliamento e gli accessori che stanno attillati. Su di me hanno un effetto di soffocamento, probabilmente la chiusura dei i pori è una asfissia in potenza che la mia irrazionalità trasferisce alla bocca, come se qualcuno me la tappasse con il nastro adesivo. Non vi dico quando nel camerino del Decathlon ho provato la calzamaglia da corsa invernale, avete presente vero quella tuta da Superpippo nera che va di moda. Sono riuscito a indossarla per pochi secondi, stavo per soffocare e chiedere aiuto agli inservienti.
Ma, tornando ai guanti di gomma, il disagio che mi inducono deriva dal fatto che mantengono parte della sensibilità della pelle inalterata. Si percepiscono i fluidi, l’acqua e il detersivo, senza bagnarsi, la temperatura stessa dei materiali, la superficie al tatto che aumenta l’attrito con gli oggetti per evitare di combinare disastri con il vetro. Si utilizzano le mani senza sporcarsele. La gomma è una protesi del nostro agire, una guaina di distacco dall’esterno, uno strumento di precisione per rimanere illesi sull’orlo del distacco. Ora immaginate una pellicola così per i rapporti interpersonali, utilizzare un commutatore di percezioni, un addizionatore di ambiguità per i propri sentimenti in uscita che allo stesso tempo funziona come un gigantesco preservativo anti-coinvolgimento emotivo in entrata. Toccare senza il tatto, parlare senza contagiare il prossimo con le nostre passioni virali, ascoltare con un filtro che smorza le frequenze basse, quelle che vengono dalla pancia altrui, respirare in un costante ambiente asettico, osservare senza inumidirsi mai gli occhi. La contraddizione consiste nel sentire esattamente quello che c’è fuori senza assimilare nulla. Trattare il mondo con i guanti aiuta a preservare la pelle ma trasferisce una sensazione di viscido, me lo ha detto un bicchiere prima di gettarsi a capofitto nel lavandino.
a rigor di logica
StandardGli sms a volte sono uno scambio di colpi a tennis, quelli fatti per riscaldamento prima della partita. Una specie di legge di Newton, e a essere precisi mi riferisco a quella che stabilisce che per ogni azione esista una reazione uguale e contraria. Per questo a me piace interrompere la sequenza di risposte per primo con frasi amichevoli e gioviali che comunque lasciano intendere il commiato, uno se è intelligente ne approfitta e non risponde più, perché gli ho appena offerto su un piatto d’argento la scusa per interrompere i singulti di conversazione, lo lascio libero di intendere che può anche chiudere qui, glielo scrivo tra le righe. E a chi non coglie l’opportunità di sfruttare le mie smanie autosacrificali ma rilancia, poi a me viene da salire di livello, mi sembra poco cortese troncare sul primo tempo supplementare, preferisco dare l’assist per il golden gol, si dice così vero? Anzi, faccio il portiere e lascio la porta sguarnita. Segna, portati a casa questo trofeo e finiamola qui, che il tennis tutto sommato lo reggo, ma di calcio purtroppo non me ne intendo.