l’odore degli arrivi

Standard

Il compitino che vi affido da svolgere lungo queste vacanze estive è di segnarvi in qualche modo l’odore degli arrivi che è unico e irripetibile perché si lega a un momento e a un luogo e che, se debitamente fermato, fotografato, descritto o registrato, vi può dare grandi soddisfazioni richiamandolo per l’inverno a venire. Ma cosa si intende con l’odore degli arrivi? Si tratta di sensazioni olfattive principalmente di due tipi. State per partire in auto, aereo, treno o nave, corretto? Appena scendete, sbarcate, aprite la portiera o abbassate il finestrino a destinazione dovrebbe investirvi un profumo non necessariamente gradevole ma di certo di rottura con quello che vi ha seguito fin lì. All’improvviso nell’aria che vi circonda più o meno viziata dal viaggio irrompe la massa gassosa di un altro posto ed è quello il primo vero cambiamento che vi fa davvero sentire liberi da ciò da cui vi siete allontanati, anche solo per un periodo circoscritto. Ora chiudete gli occhi e sentite qui: questi sono l’eucalipto e la liquirizia che mi avvolgono quando metto piede in Sardegna dopo una notte in nave in agosto, ed è una sensazione che ogni anno mi sorprende. Questo è il mio odore dell’arrivo preferito, così forse è più chiaro quello che intendo e sono certo che ciascuno di voi ha il proprio. L’umidità di una casa tenuta chiusa per mesi. Il cibo sui treni della metropolitana di una grande città del nord europa. La lavanda della Provenza.

Ma c’è una seconda categoria di odori dell’arrivo e sono quelli che percepisce chi resta quando qualcuno ritorna. Ricordo amici riabbracciati dopo settimane in topaie da due soldi – le uniche che ci si poteva permettere da ragazzi – con i vestiti puzzolenti che non vi sto a dire ma che, tutto sommato, era un motivo forte, anzi, fortissimo per ricominciare insieme quello che si era messo in stand-by prima della loro partenza. C’è infine l’odore standard dell’arrivo che si avverte quando, in aeroporto, si spalancano le porte scorrevoli e inizia la fiumana di persone tra le quali ci sono quelle che aspetti. Tutti si affrettano a gettare le braccia al collo di qualcuno appena sbarcato che si precipita di corsa con il bagaglio a rotelle, e mentre tiri a indovinare se il prossimo destinatario di quel gesto sei tu, è bello godersi il profumo delle salviettine che si trovano nella reticella sullo schienale del sedile davanti, insieme a una copia di quelle pubblicazioni inutili che nessuno legge mai. L’odore in massa delle salviettine nell’area degli arrivi di un qualsiasi terminale è un messaggio che arriva da lontano, ha volato per migliaia di chilometri e finalmente ha rimesso i piedi per terra, e se sei fortunato a volte si accompagna a qualcuno che ti promette di non partire più.

finestre aperte, sensi spalancati

Standard

Ci sono buone possibilità che i miei chemiorecettori distribuiti sulla superficie della mucosa nasale stiano subendo una evoluzione dovuta a tutti i fattori che conosciamo – inquinamento, effetto serra, scie chimiche, gruppi bilderberg e sirene varie – ma è molto più plausibile che il vostro gusto in fatto di profumi stia cambiando perché rispetto a prima, e smentitemi se ne avete le prove, sono molto più forti, più intensi, più barricati direi, se sapessi che cosa significa esattamente. In ascensore c’è da sentirsi male. Per strada rimangono scie gassose inalterate malgrado le trombe d’aria. L’altro giorno mia moglie ha provato una crema dell’Erbolario sul dorso della mano e non è andata più via fino a sera. Chiaro che è meglio morire soffocati da traumi olfattivi, pensati per il piacere dei sensi, rispetto alle secrezioni naturali cui siamo soggetti e che spesso, specialmente nella bella stagione – bella a chi? – omettiamo di coprire. E se la smettessimo di tenere gli occhi ad altezza short riusciremmo anche ad associare essenze a personalità, non trovate? Io invece che sono uno puro e guardo solo in alto, ad altezza attico per intenderci, sono un appassionato di tetti (niente battute please), stamattina ho avvertito un orologio a cucù suonare le otto con il caratteristico verso e il mio caratteristico incedere mi ha permesso di individuare immediatamente la finestra da cui il suono proveniva. Mia nonna, come tutte le nonne, ne possedeva uno ma non ricordo come si facesse a disattivare l’uscita dell’uccellino meccanico nelle ore notturne. Forse non si poteva ma non ne sono sicuro. Comunque mi ha sorpreso il fatto di sapere che nel 2014 nelle case di qualcuno di voi si possono ancora trovare dispositivi meccanici d’altri tempi, con le pigne e le catenelle per dare la corda. E così alla fine, prestando attenzione all’origine di quel suono che scandiva il tempo, non ho visto una anziana signora che faceva giocare un ingombrante incrocio di husky con non so quale razza, tutto bardato da cane d’accompagnamento anche se la signora, che zompettava con un galletto di gomma in mano sfidando il cane a mollare la presa, sembrava tutt’altro che bisognosa di essere accompagnata. Anche il cane puntava la finestra del cucù, così per scusarmi per il fatto di averlo scontrato mentre tenevo il naso per aria l’ho accarezzato. La signora si è avvicinata per proteggermi temendo chissà che cosa, questo mi ha permesso di sentire la fragranza di un’acqua di colonia di altri tempi, quelle alle essenze floreali che un tempo si usavano e che in campagna attiravano le vespe. Ecco, forse le nuove profumazioni sono pensate apposta per tenere alla larga tutti gli insetti che, con i cambiamenti climatici, oggi popolano le nostre latitudini. Un amico, che lavora nel centro di Milano, si è trovato un geco – che lo so che non è un insetto è ma per farvi capire che non si capisce più niente – in ufficio, per dire. Molto più strano di un orologio a cucù nel 2014.