fate le vostre preferenze, non c’è nulla di sbagliato

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Il mio vicino di banco aveva fatto lo sborone presentandosi nel primo tema con una cosa tipo “forse Freud potrà perdonarmi se”, per me era stato sufficiente il mio look da adolescente depresso, diciamo una sorta di precursore dell’emo, quell’altro semplicemente perché era uno scavezzacollo che magari, al liceo, era meglio non mandarcelo. Dalla parte dei preferiti invece quelli e quelle più a modo, chi arrivava con pagelle da record dalle medie e chi sprizzava addomesticabilità da tutti i pori. E anche voi, immagino, vi sarete lamentati a suo tempo – o lo fate adesso se siete ancora studenti – per gli insegnanti che troppo apertamente manifestano le loro preferenze. La prof a cui mi riferisco io era una fin troppo sopra le righe, e ti accorgevi di essere o no nelle sue grazie per il numero di interrogazioni consecutive con valutazioni con il meno davanti, per il sarcasmo poco velato sulle tue attitudini alla materia, persino con pesanti commenti personali anche sulle tua estrazione sociale, comportamenti che con l’età alla fine la facevano rientrare nella casistica dei fenomeni da baraccone tanto quanto quella di matematica che si scaccolava o quella di arte con la minigonna sotto la cattedra. Ma oggi, a così tanti anni di distanza, mi sento di dire che non solo faceva bene ma che svolgeva la propria missione educativa in un modo che approvo su tutta la linea.

Esercitare le proprie preferenze sulle persone attraverso una posizione di potere è un privilegio che invidio moltissimo a chi lo detiene, e se provate a riflettere oggettivamente sui singoli casi, soprattutto se siete voi in prima persona una vittima di questo abuso, vi accorgerete che quasi sempre hanno ragione loro, i potenti. Se fossi un insegnante a avessi in classe uno come me che cerca attenzione manifestando in ogni comportamento le sue velleità inutilmente artistiche o uno che a quindici anni riempie i componimenti con citazioni improprie, comportamenti come questi soffierebbero sulla fiamma latente del cinismo che mi arde dentro. Il meccanismo del tu si e tu no applicato alla vita degli adulti, poi, non ne parliamo. Saremmo tutti robusti e zelanti buttafuori di inutilità dalle nostre vite e faremmo desistere il più possibile il prossimo dall’avventurarsi in situazioni al di fuori delle proprie capacità. Quindi, se avete un po’ di autorità per la posizione che occupate o per il ruolo per cui siete pagati, fatela valere e fatelo un po’ anche per me, mi raccomando. A me che non conto un cazzo resta solo sfogarmi qui e raccontarvi di come sto rivalutando un’insegnante di lettere che, a suo tempo, ha contribuito a rovinarmi la vita.

lei non sa chi sono

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Il mondo si divide in due macro-categorie di riferimento, alle quali la gente sembra essere predestinata ad appartenere dal momento che è pure dimostrato che si tratta di un carattere ereditario. Mi riferisco alle stesse a cui le persone dirigono le proprie arroganze o a cui manifestano lusinghe, in entrambi i casi con secondi fini. Ovvio che quella che ha il segno più per i propri sostenitori ha il segno meno per i detrattori, e viceversa. In pratica, la dicotomia che sottende a questi moti opposti e respingenti è il riconoscere il primato del pubblico sul privato o viceversa. E non ho certo scoperto l’acqua calda, chiaro, tra l’altro ci sono due teorie politiche opposte e fior fiore di pensatori e filosofi che da sempre si scornano gli uni contro gli altri.

Ma veniamo al dunque. C’è chi parteggia per il privato e attribuisce la massima autorità indistintamente ai pezzi grossi delle multinazionali, a quelli delle filiali locali, a vantaggio di chi lavora in aziende che maneggiano fantastiliardi e se ne frega se fanno cucire palloni ai bambini delle elementari perché dove vivono quei bambini le elementari non ci sono nemmeno quindi comunque gli danno un tozzo di pane e una mancia da sperperare al biliardino. Il secondo fine lo si può individuare con la raccolta delle briciole, trovare filoni aurei per nuove fonti di ricchezza, normale eccitazione per il potere.

La seconda categoria è un misto tra quelli che sbavano per i manager pubblici, la pletora di faccendieri che manda in bestia quelli delle cinque stelle e tutti gli altri come loro delusi del fatto che non hanno mai ricevuto nemmeno una fetta di torta dalla spesa pubblica, che hanno pure ragione ma se vorrebbero dare tutto in mano ai privati non vedo perché il pubblico dovrebbe anche solo consentire loro di fare le fotocopie o imbustare le comunicazioni o rispondere a un centralino, individui che non aspettano altro che il gabibbo o la iena di turno venga a smascherare non si sa bene cosa. Perché mettersi il nemico in casa, un’estensione del perché mettersi i fascisti in una struttura democratica, loro che vorrebbero soffocarla, o perché mettere gatti affamati in una voliera per canarini.

Per i primi, parassiti dei capitali privati, gli executive non possono certo essere disturbati dal loro board, immaginatevi il capitano Stubing che guida la nave dell’amore alla larga da scogli insidiosi, che, insomma, poi quando succede il patatrac è un bel casino da rimediare. Guai a telefonargli e scrivergli direttamente senza passare dall’assistente, che poi invece sono gli stessi che, dall’alto verso il basso, ti correggono qual è mettendoti l’apostrofo che poi ti vergogni pure a dirglielo. Ah, e sono tutti molto eleganti perché guadagnano un botto ma fanno le pulci sugli stipendi dei loro dipendenti, quelli che trovano allo sportello dell’anagrafe, al ricevimento parenti, nelle corsie degli ospedali. E spesso sono più in forma ma questo non è un dato ufficiale, semplicemente deriva da quanto mi è stato riferito.

Gli altri sono meno trendy e appartengono a quella nebulosa indistinta fatta di sostanza onesta e materiale magna-magna (attenzione, visto il contesto, a non leggere magma-magma), quel blob in cui finisce tutto il peculato dei poveri fatto di stampe di pagine internet su dispositivi degli uffici comunali, caffè al bar durante l’orario di lavoro e cartellini timbrati cumulativamente. Da questa parte vige l’ossequio per la statura consentita dall’incarico politico che col tempo si è evoluto in conferma in apparati tecnici, magari in fasi della prima repubblica in cui era più facile occultarsi in tutta quella confusione. E anche qui il Dottor Pinco Pallo mica posso passarglielo, è alla commissione, sta conferendo con il Ministro, le farà avere al più presto una copia della delibera.

Ma ripensandoci, rileggendo quanto ho scritto fino qui per un minimo di revisione che poi, scritto così piccolo per me che sono quasi vecchio, non serve perché i refusi rimangono nascosti dalla fretta di arrivare al dunque, a ben vedere non si tratta di un fenomeno mondiale, proprio no. Ora correggo il post che sta per finire geolocalizzandolo, come si usa dire oggi con i nostri dispositivi che ci supportano negli orientamenti sul territorio ma non in quelli esistenziali, e circoscrivendolo qui, proprio tra me e voi.