Quando le musicassette di Pino Daniele imperversavano negli abitacoli delle auto di chiunque ed era il suo periodo d’oro, diciamo da “Terra mia” a “Bella ‘mbriana”, io davvero ascoltavo tutt’altro – soprattutto roba inglese e americana – e le sue canzoni mi facevano due maroni così a partire dal genere nero a metà, appunto, fino all’uso del dialetto. Il timbro della voce, l’abitudine di doppiare i soli di chitarra con il canto, il suo entourage di musicisti bravissimi, eh, ma di quello stampo lì proprio erano fattori agli antipodi del mio gusto. Poi secondo me lo hanno mollato un po’ tutti, ai tempi ascoltarlo aveva anche un valore di appartenenza socio-culturale, non dimentichiamoci che Pino Daniele ha pure aperto il concerto di Bob Marley a Milano, e così quando ha imboccato la deriva del pop i tempi erano già cambiati e chi si identificava nella matrice roots del suo suono aveva già gli scaffali pieni di CD di ben altra roba. Solo il mix tra la tendenza a mettere nel calderone tutto ciò che appartiene a un’epoca a cui si è particolarmente affezionati e la caduta dei freni inibitori dovuti all’anzianità incipiente me lo ha reso un po’ meno inviso. Addirittura quando sento i reduci dei tempi dell’eroina ricordare i numerosi concerti di Pino Daniele a cui hanno partecipato provo un filo d’invidia per non aver mai aderito a quegli happening di giovanissimi infervorati, giusto per provare a immaginare che aria (e che fumo) si respirava in ambienti di quel tipo rispetto ai concerti dei primi gruppi di post-punk. Un altro baluardo della musica partenopea, mi riferisco a Bennato, aveva persino tradito la causa coinvolgendo i Gaznevada nella registrazione di uno dei suoi album più controversi come “Uffa Uffa” a dimostrazione che qualcosa sembrava davvero cambiare ma in molti, seguendo le indicazioni delle major, facevano finta di non accorgersi di nulla. Pino Daniele invece era saldamente ancorato sull’altra sponda. E se la RAI non avesse rimosso tutti i suoi video da youtube vi farei rivedere quella volta in cui i 99posse se lo sono portato sul palco del Concerto del Primo Maggio, a pasticciare con la sua chitarra il riff di Anguilla, avete presente quella parte campionata che a farla con strumenti veri perde tutto il suo impatto digitale, testimonierei il mio ricordo personale al grande artista scomparso. C’è solo questa versione che trovate qui sotto, con un audio che lascia molto a desiderare.