ogni tre passi facciamo sei metri

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Se mentre ballate “I Watussi” – e lo so che almeno una volta nella vita lo avete fatto – vi fermate per un istante a riflettere sul testo, potete rendervi conto che se anche la voce di Edoardo Vianello ĆØ simpatica, festaiola e vacanziera in realtĆ  nasconde un retrogusto poco “politically correct” derivante non tanto dal modo in cui vengono trattati certi temi legati ai problemi del terzo mondo quanto a quel modo ormai obsoleto e considerato offensivo di riferirsi verbalmente ad alcuni dei loro abitanti. Sono certo che nĆ© da parte degli autori tantomeno della metĆ  maschile di uno dei duetti piĆ¹ importanti della storia della musica italiana ci fosse l’intento di suscitare polemiche o di venire percepito dai posteri come un antesignano di certe problematiche riconducibili al razzismo piĆ¹ o meno latente della nostra cultura da visi pallidi. L’hully-gully piĆ¹ celebre della storia della canzone italiana (e non dimentichiamo, anche se non c’entra, che basta uno strumento in levare piĆ¹ marcato per trasformare un pezzo hully-gully in un brano rock-steady) ĆØ stato composto in un momento storico che sembra distare anni luce dal punto di vista della sensibilitĆ  verso certe tematiche. Ma fino a quando io ero bambino, nessuno – se non le parti interessate – sembrava risentirsi al cospetto degli appellativi con cui venivano identificate alcune categorie umane e sociali come le persone afflitte da sindrome di Down, quelle dalla pelle scura e gli omosessuali e non solo nei discorsi da bar ma anche in contesti pubblici e istituzionali. Pensate a quanti passi in avanti – e non al ritmo dei Watussi – ha fatto la nostra civiltĆ  e come oggi, sentendo o vedendo certi prodotti culturali d’epoca, ci sentiamo in imbarazzo. Non ĆØ di molto tempo fa l’accusa mossa contro Tin Tin di essere razzista, ricordate? A me invece ĆØ venuto in mente un film dell’85 di Marco Risi dal titolo “Colpo di fulmine” e interpretato da Jerry CalĆ . La storia racconta di un trentenne che si prende una cotta platonica per la figlia undicenne di un suo amico. Il tema della pellicola oggi non sarebbe piĆ¹ ammissibile, considerando l’attenzione che – giustamente, e lo dico da padre – rivolgiamo ai rapporti tra adulti e bambini, almeno questa ĆØ l’idea che mi sono fatto io, considerando che di questo film non ne ho mai piĆ¹ sentito parlare e non c’ĆØ traccia nelle programmazioni televisive. Non so se questo tipo di oscurantismo sia fuori luogo oppure no, sta di fatto che certe pratiche comportamentali di confine tra eccentricitĆ  e deviazione meglio lasciarle nell’immaginario degli inventori di storie ed evitare di pubblicarle.