pecunia e pecora, stessa radice

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Nessuno ha pietà per le maxi-confezioni famigliari di crackers in sacchetti, nemmeno quando sono al cinquanta per cento bisognerebbe comprarli e forse è proprio lì il motivo per cui li trovi al cinquanta per cento, chi muove i fili della grande distribuzione organizzata, e scusate la dietrologia, sa benissimo che dentro ai sacchetti la percentuale di confezioni con almeno qualche esemplare non sbriciolato è a una cifra. I crackers dovrebbero viaggiare in contenitori a prova di urto, avvolti in una pellicola protettiva tipo quelle con le bolle d’aria per gli oggetti fragili che si acquistano online e che ti arrivano in perfette condizioni anche dopo un volo da Hong Kong, mentre i crackers partono dalle industrie alimentari che poi saranno qui a due passi, ci scommetto, e le grandi scorte per i supermercati vengono condotte verso gli scaffali senza il minimo rispetto, e i consumatori più sprovveduti come il sottoscritto, tra i principali sostenitori dei sostitutivi del pane soprattutto come snack in ufficio, ogni volta si lasciano prendere dall’offerta anziché considerare come potrebbe essere la situazione là dentro. Una vera e propria strage. Nessuno ha pietà per le maxi-confezioni famigliari di crackers in sacchetti, nessuno.

p.s. no, non avete sbagliato canale, né c’è stato un errore di visualizzazione. Mi ero imposto di non spendere nemmeno una parola sull’animoso monologo ai più noto come “Pecorella”, il caso mediatico della settimana, il classico argomento sul quale è difficile esprimersi e prendere una posizione senza decontestualizzarlo, è difficile anche da commentare e ci vuole poco, come potete immaginare, a cadere nel qualunquismo e nella banalità. E ne ho lette tante, in giro. E mentre scrivevo cresceva la tentazione di cancellare il tutto e non pubblicare il post, non riuscendo a giungere ad alcuna conclusione. Non sono un abitante della Val di Susa, e se ve la devo dire tutta non ho mai seguito il dibattito in profondità perché leggo da una parte e mi convinco, leggo dall’altra e mi convinco pure, così alla fine non riesco a mettere a fuoco né la soluzione tantomeno il problema. In questi casi mi fido del giudizio che ne danno le persone che stimo di più, che, mia moglie a parte, sono i rappresentanti della politica ai quali delego le mie decisioni con il voto, secondo i canoni della democrazia indiretta di cui ho la fortuna di fare parte. E questi rappresentanti, come potete immaginare, sono favorevoli al completamento dell’opera in questione anche se all’interno del partito ci sono divergenze e spaccature. Posso capire che ci siano oppositori e che si immolino in questo modo così acritico nella difesa del loro territorio, oltre che delle loro posizioni. Voglio dire, a due passi da casa mia sta per succedere il finimondo con il raddoppio della portata di una superstrada che tutti noi vorremmo fosse interrata ma che non si sa ancora come andrà a finire, magari un giorno vedrete anche me bloccare il traffico della A4, chissà.

Ma giunto a questo punto della stesura, ho provato a rivedere ancora una volta il manifestante, un appartenente alla categoria di quelli che qualcuno chiama “gente in via di estintore” per la quale ogni volta mi sforzo di essere comprensivo ma poi non ci riesco. Cerco di immaginarmelo a tavola, a cena insieme, lui che mi parla con quel tono. Allora mi rendo conto che è meglio mettere in stand-by il post e attendere nuova ispirazione, o anche nuovi sviluppi della vicenda, per giungere a un elemento condivisibile pubblicamente. Ma mentre prendo un cracker, anche a casa li scelgo come snack, e vedo tutto il contenuto della confezione ridotto in poltiglia, di colpo mi sento più sensibile a quel genere di tragedia, sicuramente sono più portato a scrivere su questo genere di argomento, chiudo la pagina con il video, lascio mister pecorella – quello senza divisa, no anzi che così non si capisce, quello senza casco – alla sua spocchia e mi dedico a un qualcosa che mi ispira maggior interesse, e anche più pietà.