Nonostante viviamo in questo pianeta da migliaia se non milioni di anni, fatemi fare due calcoli, sono più che sicuro che il genere umano non sia ancora sufficientemente evoluto da sostenere l’impatto ambientale, sociale e culturale dei nomi di persona scelti appositamente perché uguali ai cognomi. Quanti ne avete conosciuto nella vostra vita? A me vengono in mente Ferdinando Ferdinandi (di cui ricordo perfettamente i pantaloni gialli, ma questa è un’altra storia), Donato Donati, Viviana Viviani, Marino Marini, Fabio Fabiano (che è peraltro mio cugino), Luca De Luca, Gianpaolo Paoli, Franco Franchi (che non è il compagno d’arte di Ciccio Ingrassia anche perché il suo, per sua fortuna, era un nome d’arte), Gennaro Gennari e non me li sto certo inventando, anzi sono sicuro di averne dimenticato qualcuno. Perché poi uno pensa trattarsi di un’usanza di due secoli fa, e invece no. I Lupo de Lupis in carne e ossa vivono e lavorano in mezzo a noi, frutto di una strategia di dileggio della personalità dei nostri rampolli che non ha eguali in natura. Ai genitori del novecento e, peggio, quelli del duemila che si prestano a queste pratiche di onomastica sperimentale allitterata nessuno deve aver voluto bene, da piccoli, e in qualche modo devono aver sentito di dover far ricadere il loro sangue infetto da stravaganza sulla carne della loro carne che poi nella vita sociale, in ufficio, nelle pratiche burocratiche, in coda negli uffici pubblici e nella vita quotidiana dovrà portarne le conseguenze. Ho solo un rammarico, che non c’entra granché ma che vi farà riflettere: anni fa ho conosciuto un bambino che di cognome fa Sauro. Ecco, fosse stato mio figlio l’avrei chiamato Dino.