Di fronte alle immagini di una nevicata record in Svezia dove comunque vedi gli svedesi in giro in bici possono crollare tutte le certezze e i luoghi comuni circa lo sviluppo e l’efficienza dei paesi nordici. Voglio dire, che senso ha arrivare a un tale livello di civiltà per poi non poter nemmeno approfittare di un evento atmosferico eccezionale per tapparsi in casa a godersi il lato bello dell’inverno. Tutti noi sotto sotto coltiviamo il sogno nel cassetto di rimanere davvero bloccati in casa per qualche giorno a causa della neve, e non ci poniamo il problema che qualcuno là fuori debba comunque mandare avanti le cose in nostra vece. Assicurarsi che Sky non perda il segnale perché altrimenti poi barricati in casa che facciamo, spalare le strade prima che si scatenino gli indignati su Facebook contro il sindaco, la giunta, gli assessori, gli extracomunitari, gli zingari e i matrimoni gay che nessuno ha ancora sparso il sale e pulito i marciapiedi, o anche solo mandare avanti l’economia in modo che il camioncino dell’Esselunga possa raggiungere i destinatari della spesa on line. Siamo stufi però di sentire che in Norvegia funziona tutto con 12 mesi di ghiaccio l’anno mentre da noi bastano due fiocchi pasticciati che per fare da Milano Cadorna a Bruzzano un treno accumula trenta minuti di ritardo. Il freddo lo si deve prendere così com’è, non ci è data la facoltà di scegliere solo gli aspetti che ci vanno a genio. Ma se posso dire la mia, davvero qualche giorno di isolamento non mi dispiacerebbe. Trovare sempre il modo per superare gli ostacoli che ci pone la natura prima o poi si rivelerà controproducente, il che non vuol dire che bisogna credere a tutte quelle baggianate dei vaccini che fanno venire l’autismo o che con con la forza del pensiero si possono piegare le forchette. Chiedo solo di fare una pausa. Magari lo spazzaneve in strada ne ha accumulata troppa davanti alla porta di casa quindi non si riesce più ad aprire o, molto più realisticamente, ho le gomme talmente lisce che già la salitina per portare fuori l’auto dal box è impraticabile e siamo chiusi dentro. E niente, se avete bisogno di me, mi dispiace. D’altronde, come ho letto da qualche parte, è inverno, nevica.
neve
è lecito chiedersi come fanno nei paesi del nord
StandardGli innesti di modernità sulle fasce più povere generano gli effetti più strabilianti e interessanti da documentare. Bisogna stare attenti però a parlarne e a raccontare queste cose cercando di essere delicati perché a suscitare l’ilarità dei lettori mettendo alla berlina i deboli son capaci tutti ed è un atteggiamento degno dei peggiori autori di nefandezze pseudo-letterarie, quelli che vivono di provocazioni e nient’altro. Pensavo invece al garbo di chi si è inventato un film come “Miracolo a Milano” e i borderline alle prese con la fondazione di una sorta di nuovo ordine sociale. Secondo la nostra visione a compartimenti stagni si tratta di un’impresa che, in teoria, dovrebbe essere sopra le loro possibilità. Ma alla fine sono loro che vincono, se non ricordo male. Vorrei tirare in ballo anche il titanismo leopardiano, ma mi rendo conto che sarebbe una forzatura e un inutile sfoggio di paroloni di cui ci si riempie la bocca e, rimanga fra noi, in questo caso è un commento che proprio non c’entra un cazzo.
Perché è di lui che vi vorrei raccontare, questo ragazzo che è seduto vicino a me e non vi dico di cosa puzza, anzi provo a farvelo indovinare: è quella cosa liquida dalla quale più volte al giorno sentiamo di doverci separare in frequenza variabile a seconda di quanto beviamo. Ecco, forse questa persona dovrebbe fare i conti con la tempestività o semplicemente cercare un modo per rinnovare a intervalli minori l’underware, ci siamo capiti. E data la giovane età non credo alla base del problema sussista una gestione difettosa dell’apparato preposto all’espulsione e la conseguente dotazione di un sistema di contenimento mobile artificiale. Comunque mi guardo in giro per capire se mi trovo per sbaglio nei pressi di un orinatoio o se qualcuno ha frainteso proprio quel sedile della metro gialla come parte di un infinito water dove il confine tra le acque nere e quelle bianche sta tutto nella chiusura mentale di chi non trova la dicitura fuori servizio nemmeno sulle maniglie delle porte dell’immenso. Diamine, così alla fine ho capito che ciò che percepivo non era una caratteristica dell’ambiente ma ha gambe e braccia ed è seduto proprio lì di fianco a me. E se lo osservo attentamente mi rendo conto del suo aspetto, che dire trasandato promuoverebbe più del novanta percento, il sottocritto in primis, verso le categorie della cura della persona da dieci e lode, sapete che è una delle voci su cui, oggi, ti giudicano anche sulla pagella a scuola.
E a dirla tutta questa ingombrante carenza non sarebbe nemmeno così deplorevole se non fosse abbinata al possesso di un dispositivo di comunicazione individuale e hi tech non dei più costosi, certo, ma sufficiente a far propendere il giudizio di terzi verso di lui sul versante negativo, se siamo ancora fermi al pregiudizio per cui mentalmente si esegue lo scorporo etico tra i generi basilari di prima necessità e i beni accessori e, in quanto tali, superflui. Ma fermi ci siamo per forza di cose, dato che dalla vendita di quel cellulare si potrebbe investire qualche decina di euro in una quantità più adeguata di biancheria. Non solo. Da quel marchingegno al di sopra delle sue possibilità giunge a fasi alterne qualcosa di ancora più irritante dell’acido urico, ovvero una serie di hit di musica brasiliana, non trasmesse contemporaneamente ovvio bensì in sequenza, il che è peggio. Uno di quei pezzi che quando ne sento anche solo uno e vedo la gente ballare ho il riflesso condizionato di ruotare la maniglia per tirare lo sciacquone, chissà se anche a voi l’esasperazione vi ha ridotto così.
Per non parlare della neve, che non è moderna, anzi, ma il modo in cui si riversa indistintamente su cose e persone è un’allegoria di qualcosa di più complesso, forse ancora di più di uno sbandato che dorme nei cartoni, chissà da quanto non si lava ma ha un telefono mobile con cui ascoltare Gustavo Lima. La neve scende e si posa secondo leggi naturali ben precise di temperatura, latitudine, altezza, stagione. Sotto ci può essere qualunque cosa e chiunque, gente nata in posti caldi e che con cappello di lana e piumino economico cattura la nostra attenzione. O la sudamericana con i Moon Boot, che ti viene da guardarla perché noi siamo abituati a pensare loro in contesti così lontani dall’asfalto coperto di neve sporca di scarichi di automobili in città. Ecco, la neve sporca. Anche quella è un innesto di modernità di cui chiunque, ricco o povero, farebbe a meno.