da me funziona

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Un classico della comunicazione tra me e i clienti dell’agenzia in cui lavoro riguarda le lavorazioni video. Preparo una bozza del video da sottoporgli e gli invio una e-mail dicendo hey cliente, attenzione: si tratta di una bozza, il video che stai per vedere contiene riprese o immagini in bassa risoluzione quindi di qualità scadente e provvisoria ma che, una volta che mi darai l’OK, provvederemo a sostituire con le stesse ma nel formato definitivo e quindi di alta qualità. Nell’ottanta per cento dei casi, una percentuale ottimista, il cliente mi risponde via e-mail dicendo hey Plus1gmt il video non va bene, lo spunto mi piace ma le immagini sono di qualità scadente, non posso certo utilizzare riprese così sgranate.

Con questo esempio voglio spezzare una lancia in favore di Luigi Di Maio che ha dichiarato di aver frainteso il testo di una e-mail, anche se sapete che a me i grillisti e il loro establishment non mi sono granché simpatici.

Le cause che generano questo tipo di interruzioni della comunicazione, per dirla alla Led Zeppelin, sono molteplici. Possiamo parlare in primis di analfabetismo funzionale che tanto va di moda, sia nei mittenti che nei destinatari dei messaggi. Chi scrive non sa scrivere e di conseguenza compromette in partenza la comprensione del contenuto. Chi legge lo fa distrattamente o addirittura non capisce, e la frittata è fatta. La forbice della comprensione tra chi detiene il significato e chi dovrebbe comprenderlo è ampia tanto quanto, se non di più, la grammatica come l’abbiamo studiata e il suo surrogato che applichiamo sui nostri blog, nei commenti su Facebook e nei messaggi di Whatsapp. C’è anche un altro fattore: non abbiamo tempo per leggere tutto, a malapena guardiamo le figure, figuriamoci arrivare in fondo a una lettera. Non so a quale categoria appartenga Di Maio, di certo un movimento nato e cresciuto sull’onda della demagogia digitale se ha dei problemi con le e-mail ha qualche paradigma da ricalibrare.

Ben altro paio di maniche per la giustificazione in sé. Sbagliamo tutti, io lo faccio quotidianamente, ma “non ho capito l’e-mail” in un ambito in cui ci si aspetta l’ineffabilità – e in un contesto che la condanna negli avversari politici – è una scusa che non si può vedere. Presto avranno valore legale dichiarazioni quali “a casa mi veniva” o “me l’ha mangiato il gatto”.

#tuttiacasatua

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Le prossime elezioni potrebbero quindi essere online, con un algoritmo che incrocia i dati dell’anagrafe con i like che mettiamo su Facebook e che smista tutto su server di proprietà della Casaleggio e associati. Avete già scelto in quale struttura preferirete essere deportati? Spero solo che prima di aver votato, ammesso che lo abbiate fatto, abbiate tenuto a mente che semplificazione, in certe discipline, è sinonimo di riduzione ai minimi termini. Ah, dimenticavo, dovreste vedere i candidati grillisti alle amministrative del mio comune. Anzi no, ve li faccio vedere.

grillo suca

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avventura a cinque stelle

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i floris del male

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Come dice Crozza, al massimo Floris può provocare un attacco di sonno o parcheggiare in seconda fila. Quindi mi chiedo perché prendersela con uno dei giornalisti più educati e che sanno stare al loro posto con intelligenza della tv, che poi ad attaccarlo come fanno i prezzolati di Grillo si possono fare figure di merda mica da poco. Qui l’articolo dell’Espresso che include qualche nota su Dario Pattacini, giornalista ma (guarda un po’) sospeso dall’ordine. Qui sotto il capolavoro di inchiesta quando l’inchiesta non c’è. Questo, forse, il vero motivo per cui gli stellari ce l’hanno tanto con la stampa. È solo invidia, perché a fare il giornalista e a superare i concorsi per diventarlo mica sono tanto bravi.

facce da culto

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A me più che il culto della personalità disturba il culto della faccia. Se poi è un faccione un po’ paciarotto, che è un termine che si usa da queste parti per essere personalmente corretti con le persone diversamente magre, il fastidio è doppio. Ma non perché ce l’ho con gli obesi. È che spesso non rispettano alcune linee guida a cui è importante attenersi quando si fa un ritratto. Lo spazio intorno tra il viso e i bordi della foto è ridotto ai minimi termini quando è ritratto uno con il faccione. Poi mettici la barba e i capelli arruffati che azzerano l’aria sopra e sotto, il volume aumenta e l’impatto sulla capacità di sopportazione è ancora più forte. A questo, nel caso del culto della faccia, si aggiunge il vedere la faccia da tutte le parti. L’onnipresenza del faccione sui simboli di partito, sui profili Facebook degli adepti al culto del faccione, nei servizi ai tiggì perché il faccione non vuole partecipare dal vivo ma finisce che ogni due per tre si manifesta come un fotogramma subliminale che qualcuno mette in mezzo ai film e ai programmi per i più deboli di opinione. Tutto questo genera sovraesposizione ma di quel tipo che non te ne accorgi subito. Perché all’inizio è un fenomeno folcloristico e ne abbiamo avuti a bizzeffe in tutti questi anni, pensateci un po’. All’inizio ridevamo del Bossi e dei suo sproloqui, ridevamo di Berlusconi e delle sue bausciate, ce ne stavamo divertiti al sicuro della nostra democrazia finché le loro facce emiparetiche e rifatte a botte di migliaia di euro hanno iniziato a essere parte integrante della nostra vita perché delegate a rappresentarci a noi stessi, all’Europa e al mondo. Oggi è tempo di nuovi faccioni i cui lineamenti si sono sedimentati su milioni di persone pronte a vibrare agli ordini dell’ennesimo uomo forte e miliardario di cui il faccione è l’apoteosi, nella prossemica dell’atto del proferire la cosa intelligente, che poi sotto sotto nasconde una comanda. Fate così e fate cosà. Nel frattempo il faccione è entrato nelle nostre case, lo vediamo in tutte le salse ma sempre in differita, si è installato come un virus nei nostri dispositivi che adoperiamo per informarci e chissà, ci vorranno altri vent’anni per eliminarne le tracce. Voglio dire, almeno la scorsa volta tra il mascellone e Berlusconi ci hanno lasciato mezzo secolo di respiro e tutto il tempo per riavviare il sistema. Oggi leggevo che un paese che rischia che uno come Grillo prenda il sopravvento in un modo fintamente democratico è un paese che si merita che uno come Grillo prenda il sopravvento in un modo fintamente democratico. Così ho pensato a una classe della scuola primaria o come si chiamerà tra dieci anni, la maestra in piedi che spiega agli alunni, sulla parete dietro la cattedra il ritratto di Casaleggio. Un’altra bella faccia da culto.

l’anonima parlamentari

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Porterei come esempio i personaggi senza volto che hanno infestato le notti di incubi dei bimbi della mia generazione come Belfagor o Fantomas, se non fosse un paragone che potrebbe fare uno del calibro di Veltroni che – tocchiamoci tutti – sappiamo come è andata a finire. Perché poi dietro a quelle maschere senza lineamenti una faccia c’era. Voglio dire, la politica è fatta di persone con un viso e un corpo. Magari senza attributi, ma questo è un altro paio di maniche. No perché sta per succedere qualcosa di inaudito. Quelli che vedete ogni giorno accompagnare i figli con il fuoristrada a scuola, quelli che passano dall’iphone 3 al 4 al 5 nel giro di pochi mesi, quelli che mettono le bottiglie di plastica davanti al portone perché così il cane non piscia, quelli che non partecipano nemmeno alle riunioni della scuola dei loro figli, figuriamoci alla politica locale e figuriamoci a quella nazionale. Ecco, tutte queste persone non hanno un volto ben definito, a meno che non le conosciate direttamente o non siate voi stessi, questi qui. A un certo punto uno di quelli che nei film americani tengono i seminari per acquisire sicurezza di sé, che ha un nome – Beppe – e un cognome – Grillo – li ha convinti a usare un software dall’ambizioso nome di Democrazia Diretta, ora arrivato alla release 2.0 manco a dirlo, che consente loro di pilotare comodamente seduti sul divano di casa addirittura la famigerata stanza dei bottoni. Alcuni di questi, come potrei essere io che faccio con cura il mio lavoro ma ben me ne guardo dal voler amministrare un condominio, figurati te un paese con la P maiuscola, hanno partecipato a una votazione online e hanno ricevuto l’avallo di qualche migliaia di persone per rappresentarne milioni. Ora, lo sapete, altrove ci sono persino le scuole per preparare chi ha i numeri per dirigere una nazione.

Qui da noi, che fondamentalmente siamo un popolo di presuntuosi e che, a dirla tutta, questa cosa del genio italiano ha rotto il cazzo perché in giro, a mio parere, è rimasta solo la sregolatezza che si manifesta ogni giorno in tutti i contesti con cui abbiamo a che fare. Dicevo noi che siamo tutt’altro che umili, e che ricordiamoci che essere umili non vuol dire essere cagasotto o remissivi ma vuol dire saper fare un passo indietro quando è il caso, ora ci siamo buttati in questo turbillon che è la presunzione di saper fare meglio le cose di D’Alema, tanto per fare un esempio, e solo perché D’Alema è la casta, mangia alla buvette spendendo due lire, guida anzi fa guidare un’auto blu, vive a rimborsi gonfiati eccetera eccetera. Caro D’Alema, sia chiaro che ti ho citato come esempio ma solo perché ti sono molto affezionato e malgrado la bicamerale e tutto quello che si dice a tuo proposito quando ti sento parlare mi tocca sempre darti ragione.

Cioè, io ho montato in giardino un sistema per il quale pedalando quattro ore al giorno genero energia elettrica fino a domani senza inquinare e decido che sono pronto per fare il ministro dello sviluppo economico o semplicemente occupare un posto in parlamento per votare una legge che agevolerà chi si monterà in giardino il suo triciclo propulsore. Il tizio in questione che è un’iperbole, chiaro, è uno senza volto e questo non perché non va da Vespa o da Fazio come del resto nemmeno fa il suo magnate ispiratore. O meglio, il volto ce l’ha, ed è proprio quello del suo magnate ispiratore che, a sua volta, si presenta con una maschera quindi siamo daccapo. Perché ci siamo probabilmente montati la testa. Io che ho uso uno spazio gratis per scrivere cazzate pensando di dire la mia ed essere letto e condiviso ho smarrito il senso della realtà. Tu che fai le foto con lo smartcoso e sei convinto di essere un fotografo e di poter dire la tua a immagini pure. La gente che ora non è una massa perché non persegue più una proposta unica come succedeva con i grandi partiti che riempivano le piazze nel secolo scorso ma persegue ciascuno la sua, di proposta, nell’abbaglio che con il software Democrazia Diretta 2.0 lo si possa uploadare sul potente server della condivisione ed essere vagliato da tutti. Ecco. Il fatto che tutti abbiano voce – compresi quelli di cui sopra, con il suv e l’iphone e che delegano ogni cosa – e nessuna importanza la dice lunga sulla considerazione in cui i grandi magnati ispiratori tengono la gente. Ma è la gente che non ne vuole sapere, se poi li vota. Ah, a proposito, pare che il prossimo Presidente della Repubblica sarà lui.

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(La foto l’ho presa qui)

metto le mani avanti

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Non ricordo che film fosse o se si tratti di un dialogo in un libro che, a furia di rimuginarci su, si è materializzato in immagine vivida, ma propenderei più per la prima ipotesi. La scena si svolge sulle rive del Po. Da una parte c’è una banda partigiana, dall’altra una brigata nera con contorno di soldati tedeschi. Sono lì per uno scambio di prigionieri, siamo nelle fasi finali della guerra civile e già si prospetta chi saranno i vincitori e chi i vinti e, soprattutto, la moltitudine che sarà costretta a subire un immeritato pareggio imposto a tavolino dalla guerra fredda prima e dalla tv commerciale dopo per i successivi ottant’anni. Comunque si percepisce lo smacco dei fascisti costretti a scendere a patti con quelli con i quali fino a poco tempo prima potevano spadroneggiare fino ad appendergli al collo il cartello “banditi” una volta torturati e impiccati. La barca si avvicina alla sponda già liberata e i reciproci prigionieri tornano nelle fila di ordinaria appartenenza. A quel punto uno degli ufficiali della squadraccia infame si rivolge con supponenza ai liberatori chiedendo che cosa pensavano di fare dell’Italia qualora avessero vinto. E lo sapete come sono i film e i libri sulla Resistenza, insomma un po’ di epica ci voleva per attribuire al meglio ai padri della patria la giusta onorificenza e il posto più consono negli scranni più alti della storia della Repubblica Italiana. Un partigiano gli risponde di non preoccuparsi, che sapevano bene cosa fare e che potevano consegnare l’Italia a loro che ne avrebbero avuto più cura rispetto a chi li aveva preceduti e vessati.

Questo pistolotto agiografico mi permette di introdurre due righe sul panico che mi sta prendendo in queste giornate pre-elettorali perché in rete leggo solo di gente che voterà Grillo. Sono certo che chi è in rete fa parte di un segmento ben definito della società e che spalmato sul totale di chi esprimerà il proprio parere nelle urne non costituisce una percentuale veritiera. Già che siamo in fasi di sondaggi a cazzo, dico anche la mia, e cioè che l’80% di chi manifesta la propria volontà elettorale su Facebook simpatizza per il barbuto burlone genovese, ma quel dato sul totale offline corrisponderà a un – boh – venticinque per cento come sostiene Adinolfi (altro barbuto burlone)? Tutte impressioni che a noi che l’anti-politica, l’opinionismo sommario, il fanatismo complottista e il fascismo sono della stessa razza mettono a disagio, perché hai voglia a rassicurarci che Grillo non è Alba Dorata, ma quei toni urlati e soverchianti da giustizia popolare ed esasperazione indotta riecheggiano passi di marcia, punizioni corporali e salti dal cerchio di fuoco ai cerchi di grano. Altro che società civile.

Chiaro, c’è anche la paura del nuovo che fa novanta perché siamo cresciuti con un sistema che ha visto per più di mezzo secolo contrapporre il più numeroso e attivo movimento di sinistra in Europa a tutta una serie di avversari da una parte e dall’altra che le hanno trovate tutte per smembrarlo e granularizzarlo, complice una foga kamikaze interna. Avversari a destra e a sinistra ai rappresentanti dei quali non avrei nemmeno affidato le chiavi della mia cassetta della posta – anche perché potevano contare su apparati più o meno nascosti dotati di un doppione – figuriamoci del palazzo del governo.

Però vedo che le piazze si riempiono, la gente ne parlano, le kaste ne soffrono, i media sociali ne amplificano, quindi come già successo nel 94 quando assistemmo alla peggiore debacle politica del dopoguerra, prepariamoci ad accogliere questi nuovi invasori questo nuovo moto propulsivo. L’ennesimo regime culturale di cui dovremo imparare toni e metodi, conoscerne umori e clientelismi, che ancora poco riusciamo a immaginare come si integrerà in un sistema così complesso come la macchina che guida un intero paese e in cui le tematiche sono tutte incrociate tra di loro per cui l’eccessiva verticalizzazione delle competenze sappiamo tutti quanto sia inadeguata, considerando le precedenti esperienze. Quindi ora se chiedi a qualcuno di loro che cosa pensano di fare dell’Italia in caso di vittoria sappiamo già la risposta che daranno, con le loro braccia piene di prodotti per l’igiene politica e gli spazzoloni e le purghe anti-burocratiche e le personalità rinnovabili e a basso consumo. Qui, dall’orgoglio dei nostri circoli, sotto le effigie dei nostri martiri e di tutto quanto ci è stato tramandato e che, probabilmente, è stato sbagliato visto quel che è successo e quanto deve ancora accadere, cercheremo di capire quale sia stato il segreto di un così ampio successo, confidando che gli eletti in parlamento siano meglio del loro ispiratore. Almeno questo che ci sia concesso. E almeno alla Regione, votate Ambrosoli, su.

i programmi del Movimento Cinque Stelle, in prima serata

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Quando dico che non ci meritiamo di passare da Berlusconi a Beppe Grillo, per non offendere qualcuno che magari ha votato il primo o vota il secondo e magari – pare stia succedendo – è passato dal Popolo delle Libertà al Populismo in Libertà, quando dico così parlo per me stesso e per i pochi intimi che so che mi affiderebbero la loro delega come alle riunioni di condominio. O meglio mi piacerebbe essere ecumenico ma poi leggo e sento pareri in giro e non mi riesce, e mi rendo conto che sono in molti i sostenitori anche inconsapevoli del modello “Te la do io l’Italia” come naturale evoluzione del modello “Te la do io” e basta.

la notte si avvicina (dalle stalle alle stelle e ritorno)

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La seguente filastrocca sembra contenere una serie di metafore appropriate alla situazione, vero?

Stella stellina
la notte si avvicina:
la fiamma traballa,
van tutti nella stalla.

Il bove e il vitello,
la pecora e l’agnello,
il pulcino e la gallina
e la notte si avvicina

Dorme il pulcino con il maialino
ed il vitello con la pecora e l’agnello
Anche il galletto dorme sopra il tetto
dorme la gallina sino a domattina

Stella stellina
sino a domattina
la nella stalla
tutti fan la nanna.