ciao, ho 24 anni e non avevo mai vinto le elezioni

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Mi sembra che renda molto l’idea. Da Il Post.

Ciao, ho 24 anni e non avevo mai vinto le elezioni. A chi obietta che, beh, Prodi nel 2006 ha vinto, chiedo se ha davvero il coraggio di definire quella una vittoria. A chi dice che in fondo io neanche voto a Milano, vorrei saper spiegare perché non riesco a sentire meno mia questa vittoria.

A chi replica che, diamine, in 24 anni qualche altra vittoria il centrosinistra l’avrà pur messa a segno, ricordo che quando si parla di politica non si può considerare l’intera vita di una persona come un periodo rilevante: ci vuole tempo per capire cosa ti sta succedendo attorno. E poi racconto questo:

Era il 1994 e io avevo sette anni, ero in macchina con i miei genitori. Avevo la vaga percezione di cose come le elezioni, i nomi dei candidati, la segretezza del voto. Quest’ultimo punto mi doveva essere stato spiegato con particolare enfasi, insieme al fatto che le convinzioni politiche potessero unire o spezzare amicizie, perché ero piuttosto intimidita quando, finalmente, ho posto la domanda che mi frullava in testa da un po’: «Giulia mi ha detto che i suoi genitori voteranno Occhetto. Voterete anche voi Occhetto?»

Mio padre, con un umorismo concesso solo ai padri, ha risposto: «No, voteremo Passerotto.» Hanno riso entrambi (io no, perché sia messo a verbale che ero già in grado di riconoscere una brutta battuta). Erano tranquilli.

Poi, ecco, è andata come è andata e io ho imparato anche il nome di Berlusconi, che da allora è l’unica cosa fissa, lì, come un incubo ricorrente, a dominare politica e società. E non vuol dire che ha comandato sempre, ma che è stato sempre presente: provate un po’ a immedesimarvi, se avete qualche anno più di me, provate a pensare che ora vanno a votare ragazzi e ragazze che nel 1994 erano nati da qualche mese.

Insomma, tutto questo per dire che stamattina ho scritto un’email allo staff di Pisapia, cose sceme di congratulazioni e suggerimenti. Perché giornate come quelle di ieri fanno venire voglia di partecipare, ed era una sensazione che così, in positivo, non avevo mai conosciuto.

ex-po

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Ora che Milano e Rho sono passate al centrosinistra, che ne sarà della grande torta? Voi non mi vedete, ma io sto sorridendo.

la resistenza torna di moda

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La notizia è proprio di ieri. Leggo da shopandthecity che “a pochi mesi dall’inaugurazione di Corso Vittorio Emanuele a Milano, GAP raddoppia e segue la strada già intrapresa da Abercrombie: passare da una location centralissima, a un grande centro commerciale extraurbano. In questo caso si tratta de IL FIORDALISO di Rozzano (Mi).

Per l’inaugurazione, una iniziativa carina: dalle 12 alle 19, oggi e domani, chi si presenta nel nuovo negozio può realizzare un servizio fotografico GAP personalizzato, in omaggio.”

Ecco i primi fortunati vincitori del servizio fotografico GAP:

fashion weektims

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Te ne accorgi a causa della presenza degli alieni in città. Presenza che probabilmente è costante anche in altri periodi dell’anno, ma se ti guardi un po’ in giro è più facile incontrarli. Si mischiano in mezzo a noi nelle ore del giorno; li vedi mentre vai al lavoro sui mezzi, li incontri per le vie del centro e no, con un rettangolo nero di pelle sottobraccio, da soli oppure in piccoli gruppi, modalità con cui risaltano ancora di più. Magari ho ragione io, e c’è stato un nuovo sbarco, l’ennesima astronave che li ha portati in visita qui a Milano, grazie alla Fashion Week 2011, in una specie di gita sociale interstellare. È encomiabile il loro tentativo di passare inosservati, tra noi terrestri, usando gli abiti che normalmente indossiamo, frequentando gli stessi bar in cui consumano sostanze di uso comune: caffé, cappuccini, cornetti. Ma come per i bambini del villaggio dei dannati, c’è sempre un particolare che li tradisce. Il modo di camminare, per esempio o, più di ogni altra caratteristica, la statura. Da un decennio circa, i loro tratti somatici sono sempre più simili alle nostre etnie caucasiche dell’est europeo, soprattutto per il genere femminile. Probabilmente si tratta di una processo evolutivo. E quando li incroci e non riesci a non guardarli, loro spesso abbassano gli occhi, consapevoli e pudici della loro diversità e del loro patetico tentativo di far finta di nulla, magari con le borse della spesa in mano. Ho avuto un incontro ravvicinato del terzo tipo proprio questa mattina, sarà per via della settimana della moda. Metropolitana, linea rossa, ora di punta. Impiegati che vanno al lavoro e universitari diretti in facoltà, persone normali insomma. In mezzo alla carrozza, in piedi raccolte attorno all’apposito sostegno verticale, quasi a catalizzare di più l’attenzione, tre aliene – due chiarissime dai capelli biondi e una dai tratti fortemente orientali – con una mappa in mano a guardarsi tra loro, sicuramente spaesate in quell’accozzaglia di capelli bruni, stature mediterranee, persone normali. Noi terrestri sicuramente fuori forma, loro extraterrestri sicuramente fuori luogo.

emancipate yourselves from mental slavery

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Il 27 giugno del 1980 ero lì, non proprio sotto il palco ma nella massa di persone arrivate un po’ da ovunque per un concerto che è già passato alla storia. Bob Marley a San Siro, Milano. Stavo con I., ai tempi, che aveva una R4 scura costantemente satura di fumo, in tutti i sensi. Soprattutto di fumo di fumo. Di canna. Ma I. ed io eravamo già passati oltre. E quel pomeriggio, stesi nel prato in attesa della sera, tra una canzone di Pino Daniele e un groove della Average White Band, ci siamo strafatti. Eroina, certo.

Eravamo in tanti a strafarci. Se mi guardo indietro, non c’è stata la solita gavetta. Le Camel, la canna e la siringa. C’è stata tanta sfortuna, molta emulazione, un incidente dietro l’altro, un po’ di debolezza e di disinformazione, solitudine percepita non a livello individuale, ma di massa. Un esercito di giovani, soli tutti insieme, specialmente nel posto dove sono nata e dove ho vissuto. Gli spari intorno e i boati delle bombe che deflagravano lontano, sì, qualcuna anche in città. Ma chi se ne importa, stava già tutto per finire. Meglio chiudere la realtà in bianco nero fuori e concentrarsi sugli effetti stupefacenti e multicolore della droga. Hai mai provato l’eroina tu per parlare? Guarda, provala e poi mi dici. Non smetteresti mai.

E la cosa paradossale è come mi sono lasciata convincere a iniziare, così mi sono lasciata convincere a smettere. La mia famiglia si è ribellata e ho mollato I., quindi ho mollato l’eroina e ne sono uscita. Ma la sfortuna, dicevo. Non dalla sfortuna. Oramai si stava diffondendo come metastasi nella mia vita. Le scelte sempre sbagliate. Un marito alcolizzato, qualche anno dopo, quanto me. Ironia della sorte: ci siamo conosciuti in ospedale, entrambi già con il fegato a pezzi e l’epatite. Quando si è speso tutti i soldi del suo lavoro ancora in droga è scappato via, per fortuna.

Così ho puntato tutto sui miei genitori, su mia sorella, su un paio di cugini e qualche amico, quelli che però se ne approfittavano (avevate ragione voi, mannaggia), mi hanno chiesto soldi per i loro problemi e glieli ho dati. Praticamente tutti. Poi ancora tante bevute, un lavoro tutto sommato decente, ma che fatica. Qualche anno fa, infine, ho iniziato ad avere seri problemi. Psicofarmaci e alcol, a volte a giorni alterni, a volte contemporaneamente.

Avrebbe potuto essere altrimenti? Prima è morta mia mamma, poi poco dopo mio papà, che ormai era nel delirio più completo. Ed ecco che mi sono sentita nuda, non ho niente (se non una tetto che mi avevano comprato i miei, per fortuna) e non so cosa devo fare. Qui non c’è mai stato niente da fare. Sempre più vecchia, sempre più in crisi. Sempre a piangere, al telefono con tutti. E non c’era più mia madre, nessuno mi avrebbe più consolato.

Qualche mese fa, ho bevuto di brutto e preso le pastiglie. Sono salita sul motorino ma il coma etilico mi ha buttato giù. Hai pensato anche tu che fosse l’inizio della fine, vero? Io si. La polizia mi ha sequestrato lo scooter, non sarei potuta più andare al lavoro, ma quello era irrilevante. Il mio fegato ormai era finito. In ospedale sono stata messa in lista d’attesa per un trapianto. Sì, un trapianto. Non me l’avrebbero mai fatto. Perché se continui a bere, perdi il tuo posto. Vai in fondo.

Mia sorella e la sua famiglia, gli unici rimasti a prendersi cura di me, sono stati così cari. Ho trascorso il natale con loro, gonfissima, ma con un po’ di speranza. Di essere fortunata, almeno una volta, nella vita. E lo sono stata: stanotte sono morta. Ho spento tutto, a 50 anni. Anzi, una polmonite mi ha spento. Fa sorridere, vero? Sopravvissuta a un investimento in vespa, siringhe condivise, botte di alcool e tranquillanti. Chissà che altro che non ti ho mai detto. Per poi morire per una polmonite.

Scusa, ho perso il filo. Ti dicevo del concerto di Bob Marley a San Siro. Qualche settimana dopo, quell’anno, sul divano di velluto blu che era nell’ingresso di casa della zia, tua mamma. Io, tu, le tue sorelle. Ascoltavamo musica. Tu avevi 13 anni, giusto? Ma ti eri impallato con il reggae. Lo eravamo un po’ tutti ai tempi. Insomma, ho tirato fuori dalla borsa il biglietto, quella parte che rimane a chi va ai concerti, e che i fanatici come me e te tengono nel portafoglio. C’era Marley di profilo con una canna in bocca, su sfondo verde giallo rosso. Senza che me lo chiedessi ti ho regalato quella reliquia, visto che tu, a 13 anni, non avevi giustamente avuto il permesso di andare.

Senti però, prima che questa tua elegia funebre diventi patetica, e già lo è abbastanza, fai una cosa. Chiudi le virgolette, metti un punto e finiscila qui. E, se proprio vuoi dedicarmi un pezzo, che non sia Redemption Song“.

Ok Gabri, niente Bob Marley. Rimaniamo in silenzio.

Cattelan colpisce ancora

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Dopo i bambini appesi, ecco la nuova provocazione artistica:

 

ha partecipato al concorso “Milano sotto la luce”

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Non è che ce l’abbia con le luminarie. Ma con tempismo perfetto, il Corriere, nel giorno in cui una passante di 70 anni è stata ferita gravemente dal crollo di una luminaria (di Swarowsky, però), mi manda la seguente newsletter. Altro che Guerrilla Marketing.

sapessi come è strano trovare pecore annegate in un fiume a Milano

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In un periodo di massima esposizione mediatica per la forma elenco, pensiamo ad una bozza delle 10 piaghe di Milano, di cui il curioso ritrovamento di ovini a mollo costituisce il secondo inquietante episodio. Il primo infatti è già stato individuato nell’attuale sindaco L. M. e tutta la sua allegra giunta. Il contest è ufficialmente aperto.

illuminismo

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meglio così

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se non altro perché se avesse vinto Boeri sarebbe stato più difficile convincere gli elettori di Pisapia a votare uno del PD