In effetti sono un po’ cambiato, cioè se sono passati quindici o vent’anni dall’ultima volta che mi hai incontrato è difficile che tu mi riconosca immediatamente, e non solo per la barba. Poi non bazzicando più il paesello non sei più abituato a trovarmi nei posti dove era facile vedermi, e se è molto tempo che non ci si becca a spasso non è che ti aspetti che la persona che hai davanti sia il sottoscritto. Poi, la domenica di estate a ridosso di ferragosto, le strade sono deserte. In giro vedi solo le stesse facce disperate, quelli un po’ sbandati e i reduci della vera generazione X, la generazione con la croce sopra nel senso che c’è stata una strage un po’ di anni fa dalla quale ne sono usciti superstiti ben pochi. Il body count delle vittime da eroina di quella generazione, gente che ha circa dieci anni più di me, è elevato se si fa un calcolo relativo. La cittadina è piccola, ci si annoia, e se il divertimento è a portata di mano difficilmente ci si rinuncia. Anche a costo di pagarne le conseguenze. C’erano personaggi addirittura mitici. Un ragazzone castano, capello lungo e mosso, bellissimo, uno tipo Jim Morrison per intenderci, che se lo incontravi era facile che ti minacciasse per avere un po’ di moneta. Una volta sfondò il vetro del portone di casa mia, a fianco di una farmacia, per trovare un angolo tranquillo in cui farsi. Poi lo trovarono morto di overdose l’estate stessa, per la strada come era la prassi. Magari in mezzo ai rifiuti indifferenziati.
I costumi poi si sono evoluti, persino nelle droghe, tranne per voi irriducibili. Fino a qualche anno fa era facile vederti in compagnia appunto di quel manipolo di sopravvissuti, in attesa dell’apertura del centro di distribuzione del metadone, un angolo già di per se squallido di un ex ospedale che avrebbe dovuto essere demolito già da un paio di decenni – il comitato di quartiere aggiorna giorno per giorno un grottesco calendario posto al’ingresso -. Finita l’era di quel modello assistenzialistico, avete iniziato a vagare come cani sciolti, vi siete dileguati. In effetti non ho mai più intravisto nessuno di voi. Chissà se avete smesso, se siete guariti, o se siete morti. Ho perso i contatti anche con tuo fratello, quindi l’ultimo aggiornamento sulla tua vita risale ad almeno cinque anni fa. Fino a quando, a spasso con la mia famigliola, forse anche per questo irriconoscibile, mi hai fermato per chiedermi qualche spicciolo. Nel 2011, qualche spicciolo. C’hai cento lire, no, ora si dice hai qualche centesimo, ancora più umiliante perché ti ricorda la moneta di Paperopoli e la mancia che Paperone elargisce ai nipoti per i servigi resi a suon di angherie. Dai, qualche spicciolo.
Poi mi guardi, hai un barlume di lucidità che probabilmente ti ricorda le notti di bisboccia, quel club o gli svariati tour dei locali alternativi genovesi il venerdì, le cose fatte insieme, il fatto che ci si conosce dalla prima elementare. E non so chi dei due sia più imbarazzato, chi prova la maggior vergogna, alle soglie dei cinquanta ancora costretto a chiedere l’elemosina per acquistare chissà che cosa. Ma esistono ancora i pusher? Ma il rito è ancora quello? La monodose, il cucchiaio, l’accendino, la stagnola, l’angolo nascosto, Lou Reed, Cristiana F., siamo ancora fermi lì? Scusa, non ti avevo riconosciuto. Ma è tua figlia? Che fine hai fatto? Scusami, davvero, è tanto che non ti vedo, con la barba poi… Va bè, stammi bene, ci si vede. No aspetta, tieni, ho due euro. No no, scusa, lascia stare, ciao.