domanda retorica

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C’è una linea sottile ma mica poi tanto che unisce i funerali di Simoncelli con la ressa in coda all’inaugurazione dell’ennesimo megastore di elettronica. Siamo solo noi e le moto accese in chiesa con il tutti contro tutti per gli smartphone in offerta speciale. Un denominatore comune, e non si tratta solo del fatto che siano accadute nello stesso giorno e che coinvolgano una massa ingente di persone, protagoniste simultanee di celebrazioni pop di loro stesse intente a salire di livello, un passo più in alto verso la catarsi. La beatificazione del sacro e del profano che crea l’imbarazzo dello spettatore il quale, privo del sentimento che suscita la partecipazione in prima persona all’Evento, rimane interdetto dallo spettacolo dell’eccesso. Due bagni di folla spinti da analogo sentimento di rivalsa, l’uno verso la morte e l’altro verso la povertà e l’accessorio desiderio di riscatto (tramite l’accessorio stesso).

C’è una linea sottile ma mica poi tanto nella manifestazione di massa per la difesa del proprio pudore, che paradossalmente una volta messo in piazza e spettacolarizzato viene messo a nudo, diventa didascalico tanto quanto l’immediatezza di un inno della gioventù nichilista e scavezzacollo, probabilmente tramandato di padre in figlio, e l’istinto di sopravvivenza nella modernità e nella società della comunicazione abbreviata, che ha negli strumenti la sua visione ultraterrena, e quando tali strumenti sono accessibili con uno sconto a due cifre di percentuale la via verso l’eternità è da considerarsi in offerta speciale. Tutto questo rende vani gli sforzi di riportare una civiltà agli elementi di sobrietà che l’hanno fatta crescere, che né io né le persone che conosco hanno mai visto di persona e che quindi leggiamo solo nei libri di storia, nei rotocalchi su epoche  e costumi lontani, nei suoi discutibili adattamenti per la fiction da prima serata. E non resta che fidarci del passato che ci è stato raccontato e che, se la cartina tornasole è il presente, possiamo anche considerarci liberi di mettere in discussione. Tanto, ormai, vale tutto.

nel mondo dei media il personale è molto sotto la media

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C’è una nota catena di megastore di hi fi, informatica consumer e elettrodomestici che è giunto il momento di iniziare a boicottare. Non perché i prodotti che vendono sono progettati e costruiti da bambini costretti a lavorare diciotto ore al giorno, non perché la casa madre sta operando una preoccupante devastazione della foresta amazzonica. Il motivo del mio risentimento va nella cura con cui scelgono gli addetti alla vendita, la cui incompetenza, mista al QI che si evince dalle risposte che restituiscono alla clientela a domande anche solo di un livello di complessità superiore alla richiesta del prezzo di un articolo, è a dir poco disarmante.

Non posso tollerare che un acquirente digiuno di tecnologia possa correre il rischio di spendere centinaia di euro in prodotti dopo aver valutato il parere di un abitante del mondo dei media, specie se quell’acquirente sono io. Non si tratta della scelta di un tipo di prosciutto, articolo per il quale al massimo butto via tre o quattro euro, comunque lo mangio o se fa schifo al massimo lo declasso a cibo per gatti. Perché magari non ho voglia di passarmi in rassegna su Internet le schede prodotto di dieci modelli di telefono, mi piacerebbe avere un parere, un preventivo con qualche combinazione di piano tariffario di un nuovo operatore che in quel momento tu, abitante del mondo dei media, rappresenti.

Avere un’interfaccia che riesce a malapena a mettere insieme una frase sgrammaticata, per di più di contenuti inutili tendenti al dannoso, non serve a nulla e, benché sicuramente sottopagata e sfruttata, se nemmeno la componente umana fa la differenza, a quel punto è meglio studiare un sistema di distributori automatici di articoli tecnologici. Il contenimento dei costi è assicurato.