Qualche sera fa un amico – scherzando eh – sosteneva che in casa è bene comportarsi come si faceva a militare. Per chi avesse conseguito la maggior età dopo l’abolizione della leva obbligatoria, o a differenza mia non si è visto respingere la domanda per il servizio civile, è bene ricordare che la regola numero uno in caserma era quella di non farsi mai vedere inoperosi oppure statici. Il sistema-esercito, questo quando l’ho conosciuto io, si reggeva nell’assurda convenzione di trovare sempre qualcosa da fare a tutti come compensazione di un generale senso di colpa, facilmente identificabile nello sperpero di soldi pubblici, nella sottrazione di tempo alla giovinezza di milioni di ragazzi, nello spreco di risorse, materiale, cibo e chissà cos’altro per il mantenimento di un ente quasi più anacronistico della SIAE. Un organismo tutt’altro che intelligente e oltremodo miope, in cui l’equilibrio e il tacito consenso collettivo si reggevano sull’ordinarietà comportamentale che se vogliamo possiamo anche chiamare disciplina, ma che da vicino si riconosceva pieno di falle in ogni livello. Così, mentre per sottotenenti, marescialli e graduati vari era sufficiente risolvere cruciverba alla scrivania, per quelli come me gerarchicamente al fondo era fondamentale avere una missione da compiere. Se non era ufficialmente impartita dai comandi – piantonare questo o quello, lavare qui o là, eseguire l’una o l’altra corvè – diventava obiettivo basilare trovarsene una, tanto nel caos nessuno sarebbe riuscito a risalire all’emissario dell’ordine da portare a termine. Un soldato con le mani in mano sarebbe stato inamissibile. Così tutti ci davamo un gran daffare a correre su e giù per la caserma, a spostare scatoloni da un magazzino all’altro, a salutare i superiori al passo di marcia con lo zelo di chi non vede l’ora di arrivare a destinazione e dare un meta e un senso al percorso intrapreso.
Quindi per evitare di dover arrampicarsi verso il controsoffitto per ottimizzare la disposizione del contenuto, per non essere costretti a vestirsi per il consueto giro in discarica al freddo, per non venir coinvolti nell’ennesimo tentativo di spostamento dei mobili perché solo provando si vedono i volumi occupati, se uno ha un paio d’ore libere perché il bimbo è di là che fa i compiti, è meglio farsi vedere impegnati in qualche attività fittizia. Magari uno avrebbe voglia scrivere due righe in posti come questo, o scambiare qualche facezia con gli amici su Internet, così tanto il pc è già acceso perché talvolta fa le veci dello stereo e, mentre si passa di lì con una scusa o l’altra, si butta un occhio, si schiacciano due tasti, alt-tab e uno passa da iTunes al socialino e poi minimizza la finestra aperta e riprende a camminare, ad aprire e chiudere cassetti cercando cose e riordinandone altre. Poi però è facile farsi sgamare perché a uno come me gli scapperebbe da ridere, una come mia moglie capirebbe il trucco e sono certo che le due ore di permesso nella mia di caserma – scherzando, eh – mi verrebbero alla fine amorevolmente concesse.