La recente intervista di Manuel Agnelli a Linkiesta, che trovate qui, ha riacceso l’annoso dibattito sulla simpatia delle mezze-popstar di casa nostra e, più in generale, di chi ha velleità di sfondare con la musica. Gli artisti sono affabili o interpretano forzosamente il ruolo delle persone burbere perché lo impone il cliché da seguire? Mostrarsi accondiscendenti con qualunque espressione del sistema come lo conosciamo significa scendere a compromessi e, conseguentemente, contaminare la nostra purezza intellettuale? Prestarsi al gioco delle convenzioni sociali aumenta o abbatte le vendite dei dischi o dei libelli di racconti autobiografici? In Italia il durismopurismo è un fenomeno diffuso almeno sin dai tempi di Gaio Muzio Scevola e ha avuto il suo culmine soprattutto nelle discipline della politica e della musica indie. Potremmo andare avanti mesi se non anni a parlare del fastidio che manifestiamo per i compromessi tra partiti – d’altronde non esiste una traduzione appropriata del termine Realpolitik in italiano e forse il motivo è che a noi non ci interessa – e ci vorrebbe altrettanto tempo a ricordare quello che succede quando una band underground qui da noi firma con una major o quando il Manuel Agnelli di turno va a fare il giudice a xFactor. Ma a difesa del cantante degli Afterhours va ricordata la spocchia di certo mezzo-giornalismo nostrano che non conosce mezze misure tra l’accondiscendenza totale globale e il voler giocare a chi ce l’ha più acuto con l’intervistato di turno. Per dire, Freddy Mercury e i Queen fanno altrettanto cagare a me, ma ora ditemi se questa vi sembra una domanda da fargli. E comunque non so come sia andata con il giornalista de Linkiesta, ma con uno come Agnelli davanti partire con una domanda sui Queen significa che o che sei disinformato o che sei stronzo e allora ti meriti la stronzaggine di chi stai intervistando. Se invece volete la mia sulla simpatia delle mezze-popstar di casa nostra, nella mia insignificante carriera ho raccolto qualche valore per farmi un’idea, e il mio verdetto è che no, in genere le mezze-popstar di casa nostra non sono molto simpatiche, con qualche eccezione. Tra i nomi più eccellenti di mezze-popstar con cui ho condiviso il palco ricordo comportamenti discutibili per esempio dei Tiromancino, dei Prozac+ e persino dei Verdena. Ma è tutta roba superata, chissà dove sarà oggi tutto quel mezzo-popstarsystem anni 90, ridotto come me alla mezza età. Io invece vi assicuro di essere molto simpatico, molto più della media, ma non faccio testo perché ho appeso i synth al chiodo in tempi insospettabili.
Manuel Agnelli
1994-2014 almeno dieci cose che son successe ma potremmo andare avanti all’infinito
StandardLa notizia della ristampa di “Hai paura del buio” degli Afterhours con tutto quel parterre di ospiti, che tra parentesi “Rapace” cantata da Sangiorgi me la immaginavo proprio così com’è considerando che sembra un pezzo tagliato su misura per i suoi vibrati melodici e popolari, mi ha mandato nel panico perché operazioni di questo genere siamo abituati a vederle fare in occasione del ventennale di qualcosa. Anniversari a cifre tonde, insomma. Mi sono davvero preoccupato perché non mi sembrava così tanto, come invece per l’analoga iniziativa dei 99posse che hanno rifatto “Curre curre quagliò” nuovo di pacca. Ma il primo disco di Zulu e compagni è del 93, mentre quello di Manuel Agnelli e soci è del 97 e quando me ne sono sincerato ho tirato un sospiro di sollievo. Perché questo dannato ventennio che si consuma tra qualche settimana, che è il ventennio della rise and fall of Silvio Berlusconi e the Renzi from Mars è facile metterlo tutto insieme, analizzarlo in modo compatto proprio come fosse un tutt’uno, un’epoca a sé stante che finisce con le slide in PowerPoint del neo-premier a quasi due decenni giusti giusti da quelle elezioni che hanno cambiato – in peggio – il corso del nostro Paese.
Quindi lasciando da parte il doppio CD della band milanese presentato e strombazzato a destra e a manca in questi giorni, e il fatto che abbia conquistato la ribalta quello che si dice una minestra riscaldata la dice lunga sullo stato della musica in Italia, se non li avete vissuti come è accaduto a me perché magari eravate troppo piccoli o già troppo adulti per accorgervene, in questi due decenni a cavallo del nuovo secolo è davvero successo di tutto. Io ho smesso di suonare e mi sono costruito una professionalità a cui mai avrei pensato di giungere, tanto per iniziare. E per continuare il punto di vista personale, sono partito spiantato sentimentalmente fino a farmi una famiglia con persone davvero in gamba. Mi sbellicavo dalle risate sulle vignette di Vauro e leggevo Il Manifesto tutti i santi giorni, mentre oggi non capisco più né l’uno né l’altro. C’è stato Friends che sembrava una nuova età dell’oro per i giovani e la loro scalata all’indipendenza e invece ha portato un po’ sfiga, almeno qui dove le camerette a scrocco da mamma e papà vanno ancora alla grande. C’è stato un apice, quello della politica italiana con Prodi e l’Ulivo e un vero e proprio tracollo con i nazisti del grillinois e i loro capelli naif.
Ma lasciatemi azzardare una riflessione. C’è stato anche il punto di non ritorno della musica di tutti i tempi che ha un nome che è OK Computer, e un analogo fenomeno sull’Internet che è legato a doppio filo proprio con l’album dei record compositivi dei Radiohead. Ricordate la storia, vero? Un utente ha avuto l’intuito di mettere insieme alcune delle decine di migliaia di cover soliste o in gruppo di Paranoid Android, ma a tempo e sulla traccia originale. Il risultato, che è un video che trasuda devozione e amore per il quintetto di Thom Yorke, è stato così tanto commovente che i Radiohead stessi l’hanno condiviso in home page sul loro sito. Si tratta di una vicenda che è successa qualche anno fa ma che mi è tornata in mente in questi giorni di baci rubati al viral marketing. Emozionare con l’Internet si può, ma è importante toccare i tasti giusti.