anche i nostri nomi sono scritti da qualche parte

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Alcuni hanno il loro nome scritto in faccia, altri no ma c’è sempre un particolare da cui evincerlo, a partire da quando è stampato sulla costa del book fotografico personale che ostentano in mano nel caso in cui costoro operino nel settore della moda e siano a spasso per Milano tra un casting e l’altro. Non so se sia una posa, quella di tenerlo alla mercé dei curiosi come me, oppure si tratta di un formato così anomalo che non esistono borse o valigette adatte a contenerlo. Fondamentalmente ne esistono di due tipi: quelli con la copertina nera, decisamente anonimi e imperscrutabili, e quelli con la copertina bianca con le generalità della modella o del modello stampati in oro sul dorso, e la cosa buffa è che spesso modelle e modelli a spasso per Milano tra un casting e l’altro vestono davvero male, forse con l’obiettivo di confondersi tra le persone normali ma a volte sono così conciati che basta guardare meglio e scorgere il book fotografico in mano o sotto l’ascella come una baguette per capire tutto. Ieri ho notato Polina salire le scale della metro con il suo book fotografico bianco nell’incavo del braccio e ho dato un’occhiata al nome stampato sulla costa proprio perché il suo outfit era decisamente fuori luogo, o magari la moda impone uno standard che dal basso della mia umile estrazione non si percepisce. Il contrasto ha attirato la mia curiosità ed è per questo che so che si chiama Polina, con un cognome russo che non riporto per ovvi motivi di rintracciabilità dei motori di ricerca. Ho superato camminando Polina e, oltre al look e al book fotografico bianco bene in mostra, ho anche valutato che non sembrasse così alta per fare la modella e, a dirla tutta, a coplo d’occhio non era nemmeno così attraente. Ed è per questo che, appena arrivato in ufficio, ho subito guglato nome e cognome e, come primo risultato, mi è comparsa una pubblicità per un brand super di lusso tra i più famosi del mondo proprio con la faccia di Polina, questa volta incantevole come dev’essere il viso di una modella. Non ho esitato a cercare il suo profilo Instagram per seguirlo e chissà se tra le decine di migliaia di followers ci ha fatto caso. La morale della storia non la so, forse sarebbe meglio essere meno curiosi e fottersene delle modelle a spasso per Milano tra un casting e l’altro.

everybody talk about pop muzik

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Nel 1979 non era anomalo che a ragazzini di dodici anni piacessero canzoni come queste. Una summa del suono dell’epoca, un po’ synth pop, un po’ new wave e molto intuito danzereccio anche se a dodici anni non potevo andare certo in discoteca per verificare se usasse mettere dischi così, con questo bpm e questo livello di modernità. Tra parentesi, Pop Muzik degli M era la sigla del programma pomeridiano di Giorgio, un mio compagno di classe più grande di un anno che a suo modo era un figo in quanto, in seconda media, già conduceva una trasmissione in una radio libera, microscopica ma comunque una radio libera, insieme a una speaker un po’ più grande dal nome che non si capiva se fosse reale o inventato che era Magalì. Seguivo il programma di Giorgio e Magalì nel primo pomeriggio perché fare quello che faceva lui era il mio sogno – poter scegliere le canzoni da far ascoltare a terzi – così quello che avrebbe detto o fatto in radio era il mio principale argomento di conversazione con lui. Tutta l’importanza e l’attenzione che gli dedicavo spinse poi Giorgio a rendermi complice di una piccola truffa. Ogni tanto i due conduttori organizzavano qualche quiz, così Giorgio mi mise al corrente della risposta esatta relativa alla domanda che avrebbero posto nella puntata del giorno, qualcosa relativo alla bizzarra copertina del 45 giri degli M. con quel neonato un po’ punk. Una cosa che sapevo anche senza che mi venisse anticipata la risposta giusta, non avevo quel 45 giri – acquistare prodotti musicali effimeri nella mia famiglia era vietato – ma lo vedevo sempre in vetrina nel mio negozio di dischi di fiducia. Comunque quel pomeriggio chiamai in radio e diedi la risposta esatta. Il premio era un costume da bagno, Giorgio e Magalì mi passarono la regia per fornire i miei dati. Quando il pacchetto arrivò a casa, scoprì però che si trattava di un costume da ragazza. Mai una gioia già a quei tempi, potrebbe essere la morale della storia. Ma ero troppo imbranato per chiamare la radio o chiedere a Giorgio di interessarsi per il cambio. Per di più era già autunno e chissà che taglia avrei portato l’estate successiva.