L’ottimismo esageratamente sopra le righe con cui i partecipanti alle call del venerdì pomeriggio si accomiatano gli uni dagli altri dovrebbe avere un nome tutto suo. Ma anche il senso di smarrimento individuale con cui il lunedì mattina ci apprestiamo a riconnettere i fili delle attività che ci consentono non solo gli entry level del sostentamento ma anche tutti quei surplus esistenziali a partire da passatempi come questo necessiterebbe di un modo esclusivo con cui essere definito. E non sono in pochi quelli che credono che la lingua tedesca sia la più appropriata per questo genere di cose. Solo con la lingua di Angela Merkel e soci si possono mettere in fila e più o meno a ritroso tutti i termini più appropriati per definire un concetto e dare vita a una chilometrica espressione che, anche se a pronunciarla o a scriverla ci vuole impegno, tuttavia è in grado di offrire grandi soddisfazioni alla filosofia, all’arte della narrazione e alla nostra soddisfazione di pensatori indipendenti e silenziosi, quando notiamo quello che abbiamo dentro e ci monta su la voglia di comunicarlo al prossimo ma, in italiano, ci perderemmo in dispersive locuzioni ed esempi poco calzanti. Così, cari germanisti, berlinesi e non, allievi del Goethe Institute o madrelingua tedeschi seguaci di questo blog, a voi l’arduo compito. Avete presente la pubblicità della Ricola? Ecco, da voi ci aspettiamo grandi cose.