troppa passione in carrozza

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Della gente che si slimona nei luoghi pubblici davanti a tutti ne parliamo spesso, potete anche dire che la mia è tutta invidia perché i cinquantenni che si strusciano per strada non fanno certo un bell’effetto e la puzza di ormone da scambio di saliva in orari in cui è già tanto se la mia lingua riesce a collaborare per trasformare in bolo una fetta biscottata con la marmellata di rabarbaro mi dà alla testa ma solo perché sono fuori tempo massimo.

Oggi invece voglio solo lasciare una nota di biasimo per tutti gli uomini sul treno che si sporgono verso il sedile di fronte per tentare di baciare l’amata salendo con le mani lungo l’esterno delle cosce, avvicinandosi con il corpo mentre lei fa la preziosa voltando il viso per rimirarsi nel finestrino e osservare il livello di dominio che è riuscita a instaurare ripassando un’espressione che ha provato tante volte a casa dopo averla copiata da qualche subdola protagonista di soap dalla sceneggiatura infinita, tipo Beautiful. L’uomo si piega con la schiena in avanti un po’ per mirare alla bocca di lei e un po’ per placare l’entusiasmo inguinale ma la ragazza, ostentando un fastidio artefatto ritraendosi contro lo schienale, con un fare come a dire schiacciami ancora di più, come se il treno anziché essere un passante ferroviario con funzioni di metropolitana fosse un’alta velocità a 350 all’ora lanciato a bomba contro i ritardi di tutto il resto del traffico su rotaia e i passeggeri costretti da quella potenza d’ingegneria dei trasporti, compressi contro il loro posto in classe smart non rimborsabile. Lei dicevo sguscia ancora via come una saponetta insaponata, siamo ancora troppo distanti dalla stazione di arrivo per concedersi, così rintuzza l’assedio amoroso facendo valere il proprio ruolo dominante, d’altronde, come è noto, tira di più il desiderio di accoppiamento – per non dire di peggio – che un carro di buoi. Anzi, un locomotore.

linguistica applicata

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Ogni tanto mi capita di trovarmi in mezzo a gente che limona più o meno appassionatamente. Non in mezzo nel senso fisico, chiaro, ma di trovarmeli davanti in momenti in cui meno me lo aspetto. La mattina presto nel sottopasso della stazione, in qualche anfratto delle vie meno battute del centro, sulle panchine del parco dopo il tramonto quando vado a correre, e trattandosi di un circuito, passo lì davanti più volte senza riuscire a farli scomporre. In questo caso non è un problema loro, bensì un problema mio. Sono amanti che cercano un po’ di privacy in posti pubblici, e io passo di lì. Così  faccio finta di nulla, controllo di avere il cellulare acceso, leggo manifesti che altrimenti passerebbero inosservati.

Ma talvolta la situazione è opposta: la coppia si bacia alla francese in luoghi aperti, nel centro del marciapiede ostruendo il passaggio, sui sedili della metro, sulla banchina della stazione. Non è che la vista mi dia fastidio, bensì il rumore. Quel biascichio che esala dall’immobile gruppo laocoontico di corpi impropriamente avvinghiati esposti a visitatori passivi, l’umana betoniera intenta a impastare saliva in orari comunemente dedicati al riconnettersi con la realtà, al rientro dopo una giornata di alienazione, o alla snervante attesa di qualcosa, in cui il sottofondo audio – non richiesto – ne accentua l’insostenibilità. In strada limonano giovani e meno giovani; per questo dovremmo ingegnarci a sfruttare le rotazioni linguali più focose con un connettore e una dinamo. Convertiamo l’energia cinetica e illuminiamo gli angoli bui del pianeta, quelli più battuti dalle coppie che si appartano, per godere dei vantaggi dell’energia alternativa.