Quando spegneranno l’Internet ci ricorderemo purtroppo del vuoto in cui abbiamo volontariamente gettato via i migliori anni della nostra vita e non le opportunità e i vantaggi che la rete ci ha dato. Per esempio io qui sul web ho approfondito la conoscenza della donna che poi ho sposato, ci lavoro da quasi vent’anni, ho incontrato ottimi musicisti con cui poi ho dato vita a gruppi mediamente fallimentari, sono diventato uno scrittore americano di successo, ho comprato tanti prodotti belli e altri li ho pure venduti, ho scoperto cose che voi umani eccetera e sono entrato in contatto anche con gente tutto sommato interessante.
Ma delle volte, non so se succede anche voi, il vuoto dell’Internet ci risucchia e quando torniamo al di qua dello schermo o del display ci sentiamo in colpa per aver sprecato così tanto tempo anziché esserci dedicati a cose più costruttive, utili o anche solo gratificanti.
Il vuoto in questione, poi, è la principale causa della scarsa percezione che abbiamo di questo scarto dimensionale tra il piano della nostra carne e di quello che siamo online, chi più e chi meno. È la solita solfa: i nativi digitali sono più di là, i nativi analogici sono più di qua. Sta di fatto che tutti quanti sottovalutiamo la gravità di certi comportamenti che nel vuoto, data l’assenza di gravità, ci sentiamo autorizzati a tenere. In rete ci viene molto facile fare i nazifascisti, i bulli, gli enciclopedici, i presuntuosi, i capiscioni, gli stalker, i violenti, con la stessa naturalezza con cui le lettere e i numeri della tastiera si lasciano arrendevolmente schiacciare dai nostri polpastrelli. Arroganza e cattiveria ignorante costano davvero poca fatica e, mai come in rete, restano impunite.
Ma. C’è un ma, come ben sapete tutti se frequentate il web, sprecate il tempo sui social come faccio io per poi pentirvene a fine giornata. Il ma è che non ci deve disturbare affatto chi usa il proprio potere, la propria visibilità, la fama per metterci alla berlina quando il nostro livore ignorante si fa carattere di testo e prende le sembianze di offesa. Credo che sia sacrosanto fare i cattivi con i cattivi, i violenti con i violenti, i fascisti con i fascisti, i cafoni con i cafoni. Che poi, messi in un angolo, questi “leoni da tastiera”, come li chiama Selvaggia Lucarelli, si rivelano gli sfigati che sono. Quello che voglio dire è che non conta che cosa pensiamo di lei, se ci piace o no il suo lavoro, se seguiamo o meno le cose che fa, l’importante è – se qualcuno ritiene doveroso criticarla – usare i termini giusti, anche gli insulti, l’importante è che siano appropriati. Se non condivido l’orientamento politico di un uomo, per dire, non gli dico che è un frocio. Se ritengo il lavoro di una giornalista così così, non le do della troia o della cagna. Altrimenti i video che fa, con questi deprivati che si arrampicano sugli specchi al telefono e non hanno assolutamente idea della gravità del ginepraio in cui si sono addentrati, sono più che leciti.
p.s. quando un piano invade un altro, in questa sorta di Videodrome in cui i dialoghi del web prendono corpo nella vita reale, emergono appieno i nostri limiti e la nostra miseria, o forse è solo un problema dei tempi che viviamo, del vuoto che ora è dentro di noi, e vai tu a sapere quello che succederà.