chi fa un lavoro per quale ha studiato alzi la mano

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La più efficace regola per calcolare il vostro livello di stress sul posto di lavoro è quanto vi capita quotidianamente di mettere in pratica la teoria studiata in precedenza unito all’applicazione dell’esperienza sul campo moltiplicata per il coefficiente di improvvisazione, una sorta di peso specifico del vostro mestiere che varia a seconda del settore professionale. Lo immagino nullo o vicino allo zero nel caso di un neurochirurgo, occorre invece ammettere anche valori elevati per un venditore di auto usate o un autore di testi di marketing come quel tizio che scrive tutti quegli aneddoti sul futuro.

Se il primo fattore è maggiore di tutti gli altri, ovvero se avete la fortuna di esercitare il frutto di anni di studi, ricerche e tesine, ritenetevi al primo posto in classifica. Si tratta di una valutazione che è trasversale a ogni impiego e in un mondo ideale dovrebbe funzionare sempre così. Poi c’è una marea di gente che ha fatto il percorso dall’apprendista al ruolo senior imparando dal vivo a svolgere il proprio lavoro. Attenzione perché questo significa operare in una struttura con un tutor, un master o una figura di riferimento che ti insegna come si fa. Quindi immaginatevi freschi di pezzo di carta e seduti a fianco di qualcuno che trasforma in bravura tutte le vostre potenzialità. Capita anche, ed è il caso più sfortunato, che con una diploma o una laurea qualsiasi vi troviate a fare cose di cui avete solo una vaga idea, un sentito dire, in un ambiente per di più dove nessuno ha il tempo per fermarsi e farvi vedere come si fa.

Oggi il mercato pullula di ruoli pagati una miseria in cui si richiedono competenze che boh, ma delle quali un modello operativo ancora non esiste. Ci si arrabatta in qualche modo fino a quando non si giunge a qualche risultato. Grazie a Facebook poi abbiamo intere generazioni di maestranze che ostentano sui profili una formazione tutta da verificare ottenuta grazie alle varie università della vita, della strada, della fatica, del mondo che, tra di noi possiamo dircelo, hanno un po’ rotto il cazzo. Provate quindi a valutare se vivere cinque giorni alla settimana da sprovveduti può essere dannoso alla salute. Capisco la necessità di raggranellare il necessario per procacciare il cibo per voi e i vostri cari ma così correte il rischio di privarvi della vostra vita e di negare ai vostri cari una fonte di sostentamento.

Io ho ben chiaro il momento in cui ho fatto il salto passando dalla sicurezza di fare qualcosa sulla base di un’attestazione a mettermi alla mercé del caso e solo per uno squallido e in quanto tale tentacolare richiamo della pecunia più facile. Ero sul palco con un’orchestra di ballo liscio, ho studiato musica quindi ero in grado di farlo, e mi trovavo in quella che sarebbe stata l’ultima esibizione di quel tipo della mia vita. Ero in piedi dietro ad alcune tastiere una delle quali non mi serviva considerando il genere che proponevamo – era un sintetizzatore fresco di produzione che avevo noleggiato per mio diletto – ma che portavo con me sul palco con lo spirito con cui si sta vicino a qualcuno che ci tenga compagnia, non so se avete capito cosa intendo. E mentre accompagnavo i brani più semplici del repertorio potevo astrarmi dal contesto e provare mentalmente le varie combinazioni di regolazione di filtri ed effetti, come quando qualcuno ti parla, tu lo guardi negli occhi ma con la testa sei altrove. Il cantante, che aspettava qualcosa da me, forse un lancio o un particolare motivo, si è voltato, mi ha colto nel pieno della fuga nella mia mente e ha pregato il pubblico di perdonarmi, stavo solo navigando in Internet anche se era a malapena il 1996.