ma dove pensate di andare

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Mi sembrate tutti fuori. Tutti, nessuno escluso. E non penso assolutamente che ci sia in me qualcosa che non va, invece. Non mi ritengo così trasgressivo o diverso dal resto. O, meglio, ci sono passato da ragazzo, sapete come vanno le cose. Ci ho provato anch’io fino a quando poi ho capito che la cosa che mi pesava di più era dover essere originale a tutti i costi. Mi sono comprato un maglioncino girocollo rosso con una camicia azzurra chiara da mettere sotto e, vestito così, sembravo più strano di prima. Ho esperienza in queste cose, credetemi. Siete voi quelli fuori come dei balconi. Ma dove pensate di andare? Non ci vuole certo uno studioso di questo genere di patologie per individuare certe piccole forme di follia che crescono giorno dopo giorno, anno dopo anno dentro di voi fino quando poi c’è bisogno di un drenaggio, un salasso, un sistema per asportarvi il germe della paranoia. Così disabituati alla conversazione che poi, quando capita, diventa un monologo. Così poco avvezzi agli sguardi che poi, se succede, gridate alle cattive intenzioni. Così poco inclini alla fisicità che poi, in prossimità di terzi, non distinguete la vicinanza con un altro corpo da una sessione di preliminari. Per non parlare delle piccole abitudini quotidiane che vi fanno sembrare devianti, quelle limitiamoci a spiegarle come manifestazioni folcloristiche o una forma aumentata di tic nervosi. Con questo non dico che siete tutti fuori, ma che quando avete a che fare con me o vi rivolgete al sottoscritto a me viene da pensare sempre il peggio. Che non state bene, che non vi hanno amato da piccoli, che c’era qualcuno che vi gonfiava di botte a scuola, che i compagni delle medie non vi invitavano alle feste, che il vostro migliore amico si limonava di nascosto la ragazza che pensavate che vi amasse, che in macchina ascoltate a tutto volume “Teorema” di Marco Ferradini e chi vi affianca in colonna, per prendervi in giro, vi fa il gesto con le corna dell’Heavy Metal, che vi davano sempre ragione per farvi stare buoni, che i vostri genitori non sono i vostri veri genitori e lo avete scoperto solo da maggiorenni e per puro caso, che la mamma del vostro migliore amico aveva detto a vostra madre che non voleva che giocaste più insieme, che avete un alito così pesante che, parlando, costruite statuette del presepe, che a letto non siete granché, che andate fuori tempo persino ballando “Another one bites the dust” dei Queen, che i vostri figli preferiscono di gran lunga il vostro partner, che in ufficio vi scaccolate di bestia e i colleghi vi fanno la foto di nascosto e la mettono su Instagram, che i vostri vicini di casa vi rigano la macchina tanto non vi sopportano. Per questo mi chiedo, e vi chiedo, ma dove pensate di andare. Io vi consiglio di fermarvi dove siete anzi, fate un passo indietro e lasciate un po’ di spazio agli altri, grazie.

io non so come stare

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Il mio dottore mi ha prescritto un betabloccante per diminuire i valori di pessimismo cosmico, considerando che – a quanto dice lui – con l’età sono destinati ad aumentare. Stamattina avevo 90 di minimo e 130 di massimo, appena sopra gli indicatori normali che però suonano come un campanello d’allarme. L’attività fisica volta a regolarizzare l’autodisciplina non è sufficiente, infatti, funge solo da sistematizzatore della visione del prossimo nel suo insieme, come se la gente smettesse di deluderci solo perché uno si spara regolarmente dieci chilometri di corsa ogni giorno. Quello che gli americani hanno saggiamente riassunto nel tema della redenzione declinato in ennemila versioni in un loro certo tipo di cinema. Rocky, per intenderci. Ma la medicina richiede ben altro. Si tratta di una semplificazione della logistica etica dovuta ad anni di comportamenti poco salutari, come l’arrogarsi una superiorità morale o anche solo maggiori diritti di accesso a cose e persone in base a un sistema immunitario fortificato culturalmente, o in alcune eccezioni anche da un punto di vista esperienziale. Altre frequentazioni virtuali abbassano inoltre il livello di guardia degli anticorpi ed espongono a pericoli virali. Basta una sera con coppie che non conosci, per esempio. Toccare qualche argomento e mettersi le mani nei capelli senza lavarsele con cura dopo. Esporsi con posizioni inadeguate alle opinioni correnti che, come è noto, sono la prima causa di acciacchi. Scambiarsi impressioni senza le adeguate precauzioni, malgrado anni di informazioni sui rischi della conversazione libera. Una volta mi portavo sempre qualche esemplificazione ben motivata dietro, non si sa mai come butta la serata e magari ci scappa di discutere di qualcosa. Poi l’allarme è diminuito e ci siamo rilassati un po’ tutti ma è proprio così che poi le recrudescenze tornano più forti di prima. Comunque ora vivo fiducioso la terapia che mi è stata prescritta, anche se per guarire fuori – si sa – occorre innanzitutto rifiorire dentro. Il che non è facile, considerando che è in arrivo l’inverno più freddo del secolo.