you are what you write

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Immagino sia una funzionalità di ogni piattaforma di blogging: nel pannello di controllo di WordPress, oltre alla conta delle visite, c’è l’elenco delle parole che i miei utenti (scusate, ma stento ancora chiamarvi lettori, la responsabilità che ne deriva mi spaventa non poco) hanno inserito nei motori di ricerca per avere, come esito, il mio unico e inconfondibile url. Piccola deformazione professionale, dovendo cimentarmi quotidianamente anche con i princìpi di SEM e SEO per mettere insieme uno stipendio a fine mese. Una forma di voyeurismo anonimo ma comunque divertente, un modo di intercettare le ricerche in Internet altrui.

Nel report spicca la stragrande maggioranza di stringhe di testo contenenti “Sanremo”, quindi “onorevole Iva Zanicchi”, un buon numero di “The Sound” e “Jeopardy”, il che mi ha sorpreso, trattandosi di una delle band più sottovalutate della storia della musica.

Cose inquietanti, tipo “pupille da eroina” e “problemi di acidità”, l’immancabile e nazionalpopolare “figa”, allo stesso modo “Tini Cansino”. Una marea di frasi incomprensibili, sgrammaticate e zeppe di refusi (ecco perché portano qui, probabilmente) tipo “vignetta che studia” e “scrivere un racconto di come o pasato il natale”. Infine, avendo scelto un titolo come “alcuni aneddoti dal mio futuro”, ho riscontrato una strenua e continua ricerca di motti e facezie mista a richieste di divinazione, quasi che gli italiani si affidino a Google per fare rifornimento di battute o spunti di conversazione e per sapere cosa ne sarà della loro vita.

Il bilancio: per quanto da queste parti ci si atteggi a influencer di politica, cultura, sociologia della comunicazione e nuovi media, alla fine il mio blog altro non è che un sano ricettacolo di musica pop e cazzate.