No, non era esattamente così. Intanto l’interno su cui aveva sempre fantasticato era diverso. Ripensando all’edicola della giornalaia con il cappello di lana colorato, dentro avrebbe avuto a disposizione tantissime cose da leggere, fumetti e settimanali di musica pop per non parlare di alcune riviste da adulti che avrebbe potuto esaminare di nascosto dallo sguardo dei clienti una volta chiusa la saracinesca e riposti tutti i portariviste dentro, anche se non arrivava a capire che, una volta riempita quella piccola postazione con tutto quello che c’era fuori, non ci sarebbe stato più spazio per nessuno.
Tuttavia quella rimaneva la più ambita residenza in cui sognava di vivere da grande, quando tornava da scuola e si affacciava oltre la bacheca delle figurine senza però acquistare nulla. Un posto su misura, anche senza lo spazio per sdraiarsi e dormire o una cucina per prepararsi il cibo per non parlare del bagno dove fare quelle cose che si fanno in bagno. Bastava una sedia e la stufetta elettrica per scaldarsi nella brutta stagione.
Se proprio nessuna edicola fosse stata disponibile si sarebbe accontentato di un confessionale, uno di quelli dinanzi ai quali si inginocchiava per inventarsi peccati da espiare con preghiere imparate a memoria a catechismo da Suor Emma. Le tendine e il cuscino porpora sul sedile, la penombra e l’odore d’incenso, il raccoglimento e l’estasi, anche se il tutto soggetto agli orari della parrocchia. Anche quello rientrava nei suoi parametri di abitazione, un parallelepipedo stretto e alto a sufficienza per stare seduto a leggere e a consumare cibo che qualcuno gli avrebbe portato, con regolarità agli orari dei pasti.
E ora, costretto per due ore in questo posto di guardia di fronte alla porta carraia di una caserma, riscaldato a malapena da una maglia di lana e con la neve fuori, un fucile in mano con cui aveva poca dimestichezza anche da scarico, in un cubicolo poco più grande di una cabina telefonica di quelle che ormai erano tutte a schede e che usava per chiamare a casa, ora d’improvviso gli era tornato in mente il ricordo di quel modo particolare di intendere il posto in cui aveva sognato di stabilirsi, in un momento remoto dell’infanzia. E non era esattamente così. Ma in quella microsocietà che stava sostituendo temporaneamente il suo mondo, che era la caserma in cui prestava servizio di leva, in quel luogo autorefenziale che viveva di sé e in cui tutti facevano tutto insieme in pochi metri quadrati con un lessico interno inaccessibile da fuori, solo in quel momento e in quelle condizioni riuscì a comprendere come mai si fosse riaccesa proprio lì la sua smania di chiudersi in un luogo ancora più piccolo.