tutte le volte degli Interpol dal vivo al Letterman

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Gli Interpol sono stati ospiti al David Letterman Show ben 4 volte, quasi una per ogni disco uscito. Le performance dal vivo della band di Paul Banks non sono mai impeccabili ed è possibile accorgersene da queste esibizioni. Le sbavature spesso sono l’essenza della musica dal vivo, nel caso degli Interpol però certe inesattezze – per non dire certe cappelle – sono eclatanti considerando la purezza che esige il loro stile, che rende al massimo in studio proprio perché privo di quella minima percentuale di rozzezza che può essere sfruttata come valore aggiunto negli imprevisti che capitano durante i concerti. Se conoscete gli Interpol sapete a cosa mi riferisco. Comunque ho voluto raccogliere qui tutte le loro apparizioni al celebre spettacolo della CBS che ogni italiano amante della musica americana invidia, insieme a quell’altra sagoma di Jimmy Fallon.

1. PDA da Turn on the bright lights

2. The Heinrich Maneuver da Our love to admire

3. Barricades da Interpol

4. All the rage back hone da El Pintor

Ma visto che non vogliamo fare torto all’unico LP mancante, ecco Slow hands da Antics eseguita in un altro live show della NBC:

il nuovo video degli Interpol

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vicini di banko

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(Tra parentesi, il titolo di questo post non è granché, lo so). Chiusa parentesi. Riportano varie webzine come questa che Azealia Banks conferma il suo eclettismo pubblicando una cover a sua immagine e somiglianza di “Barely legal” degli Strokes, che non è male e stavo per postarla poi però ho letto bene nello stesso articolo e ho scoperto che Azealia – che lo scrivo sempre Azaelia – aveva già pubblicato remake di cose un po’ lontane dal suo genere, scegliendo addirittura gli Interpol. Ecco, qui sotto potete sentire uno dei miei singoli preferiti della band di Paul Banks tutto stravolto. Toh, che combinazione. Azealia Banks che coverizza Paul Banks. (Avete capito, vero?)

meglio solisti che mal accompagnati?

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Spiegatemi perché il cantante di un gruppo decide di avviare una carriera solista parallela a quella della sua band producendo materiale assolutamente in linea con quello realizzato dalla band stessa. Mera questione di spartizione dei profitti? Voglia di solitudine? Necessità di dimostrare la propria autorevolezza artistica anche senza l’apporto dei propri compagni di avventura? Era già successo tempo fa con David Gahan, che ha pubblicato un paio di album assolutamente depescmodizzabili, e ora si ripete con Paul Banks che dà alla luce un album parzialmente omonimo che potrebbe essere il nuovo (e più riuscito del precedente) lavoro degli Interpol. Qui trovate l’intera tracklist in streaming, lunga abbastanza per riflettere sul problema che ho posto. Qui sotto invece un brano piuttosto interpolizzante, vedete voi.

dieci di questi anni

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Ne avevo già parlato qui giusto un mese fa, ed ecco che esce la versione rimasterizzata di  “Turn on the bright lights” degli Interpol nel suo decennale anche – e sottolineo anche – in formato doppio vinile con DVD e booklet grande con foto e ogni ben di dio. E che insomma, ti arriva una notizia così con un tastino che ti permette di pre-ordinare questa pubblicazione in limited edition e non ne approfitti? Proprio dopo aver letto delle file davanti alle code dei negozi Apple per aggiudicarsi l’anteprima dell’iPhone 5 a un milone e mezzo di vecchie lire e essere uscito indenne dal dibattito che ne è scaturito. Ognuno ha una propria maniera sciocca di separarsi dal proprio denaro. Chi sono io per dire che la mia e meno sciocca di quella degli altri? Comunque, se volete fare come me, qui ci sono i dettagli per l’acquisto e qui sotto la foto che trovate sulla landing page di questa tentacolare operazione commerciale, così bella che dovrebbe essere tumblerata in ogni dove. Amici tumbleromani, fate il vostro dovere.

untitled, ma quella vera

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Dieci anni fa usciva “Turn on the bright lights”, il primo long playing degli Interpol nonché il primo vero segnale che tutto quel rimescolamento di piani curtisiani (perdonate il neologismo) che c’era in giro stava realmente portando a qualcosa di nuovo nell’aria, anzi di antico ma rivisto. C’era già stato qualche epigono qui e là dei gruppi che mi avevano accompagnato durante l’adolescenza e in alcuni casi la somiglianza era troppo smaccatamente derivativa. E nella maggior parte di quello che si legge in giro e delle opinioni poi consolidatesi nel tempo con la pubblicazione degli album successivi, non era solo il timbro di Paul Banks a fare il verso ai Joy Division ma c’era di più. Un giudizio tutto sommato superficiale e non perché piacciono a me. Gli Interpol, già solo per il fatto di essere newyorkesi, hanno quella patina un po’ ruvida e distorta addosso che agli inglesi – sarà per questione di accento – non riesce mai, e soprattutto nel loro primo lavoro che, come tutti gli esordi, è ad oggi considerato il loro disco migliore. Lessi la recensione non ricordo dove senza aver mai sentito nulla. Lo stesso giorno entrai al Libraccio di Via Vittorio Veneto e indovinate un po’ che pezzo stavano ascoltando lì dentro. Ero convinto si trattasse proprio dell’album di cui ero appena venuto a conoscenza e che mi aveva colpito per alcune parole chiave che potete immaginare. Il pezzo era il seguente, chiesi informazioni ed estrassi all’istante la carta di credito.

untitled

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carlos, puoi tornare qui un secondo?

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I would like to announce that I will no longer be performing live with Interpol on their upcoming campaign. I’ll be taking a break from touring to focus on family. There are no personal, artistic or health reasons– it’s really as simple as that! I would like to thank Paul, Daniel, Sam, Brandon, everyone in the crew, and all of the Interpol fans for the remarkable support and patronage they have shown me during my time with them. I feel a tremendous amount of love and respect for everyone involved and will genuinely miss them.

I will continue to record and perform music, with bands as well as solo, I just won’t be touring as much. I am truly grateful for the experience and look forward to enjoying Interpol in the future, as a fan and friend.

Walk in light, walk in darkness.

DP
February 20, 2011

(da Pitchfork)

il buco con gli Interpol intorno

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Mentre a Torino si consuma un dramma e alla direzione del PD un altro, vorrei non passasse inosservato che Paul Banks ha definito Carlos Dengler, nel corso di un’intervista, un genio ma un po’ “a-hole”.

 

2010, il meglio (in musica) dell’anno del contatto

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High Violet - The National

#1 The National – High Violet

Ho provato e mi sono applicato meticolosamente, ve lo giuro. Giorni e giorni di ascolto volontario e talvolta forzato. Ma non riesco a trovare, non solo in High Violet ma in tutta la discografia della band di Matt Berninger, un solo pezzo che non mi piaccia. Un passaggio, un arrangiamento, una melodia o che altro. O un testo scontato. Questo non è solo il primo posto nella classifica dei migliori album del 2010. È anche un primo posto per il migliore gruppo dei ’10 (nel senso del decennio) e una sorta di umile (perché conferito da me) premio alla (loro) carriera a cui va anche il merito della (mia) perseveranza, visto che è l’unico gruppo di cui ho comprato praticamente tutta la discografia su vinile. Oltre ad averla scaricata, prima.

Maximum Balloon - s/t

#2 Maximum Balloon – s/t

Qualunque cosa sfornino i Tv On The Radio spacca. Vi sembra troppo? Considerate allora anche solo Rain Machine, le varie consulenze vocali di Babatunde “Tunde” Adebimpe o le esibizioni live con Peter Murphy e Trent Reznor e non potrete che darmi ragione. Il progetto solista di David Andrew Sitek, poi, è una compilation di singoli che, uno via l’altro anche a distanza non ravvicinata, possono distrarre i fans dei TVOTR che, come me, non vedono l’ora di mettere le mani sul seguito di Dear Science. Una sorta di evoluzione dei Tom Tom Club. Il piri-piri-pi-pi-pi di synth di Groove Me non riesco davvero a togliermelo più dalla testa. Proverò a dare sfogo alla mia morbosità, prima o poi, azzardando un mash-up tra la traccia numero 2, Young Love, e questa hit anni ’80. Acquistato in vinile.

Suuns - Zeroes QC

#3 Suuns – Zeroes QC

Ho esagerato? Ma no. Canadesi di origine e segretamente canadesi di pubblicazione, i Suuns hanno dato alla luce il migliore album d’esordio dell’anno, questo vale bene un terzo posto. C’è un po’ di tutto, anche di Tv On The Radio, il che ne fa una miscela davvero originale e moderna. Sentite qui o qui, per esempio. Non aggiungo altro che non si trovi in questa recensione.

Interpol - Interpol

#4 Interpol – s/t

Il disco più sottovalutato dell’anno, forse solo perché è stata sopravvalutata la band in passato. Stroncato dalla maggior parte delle recensioni, trovo sia invece un ottimo lavoro, meno facile dei precedenti e quindi da ascoltare con attenzione. Un paio di pezzi che colpiscono subito (i singoli già pubblicati e Success), altri da meditazione (soprattutto il lato B se, come me, avete acquistato il 33 giri). Di certo il cambio di formazione non ha giovato. Non ho visto il live, ma in qualche apparizione disponibile su Youtube non sembra che il nuovo bassista abbia la stessa precisione di Carlos Dengler e, soprattutto, la seconda voce del nuovo tastierista è poco adatta a supportare il timbro di Paul Banks.

The Walkmen - Lisbon

#5 The Walkmen – Lisbon

Dice (anzi scrive) bene Lorenzo Righetto su Ondarock: Lisbon è un disco affascinante, una raccolta di serenate cantate da una delle voci più taglienti dell’alt statunitense. D’altronde non è immediato sentirsi comodi sul timbro di Hamilton Leithauser. Vette dell’album, almeno come le sento io, la composizione per gruppo rock e banda civica Stranded e Torch Song, un pezzo d’altri tempi.

Bruce Springsteen - The Promise

#6 Bruce Springsteen – The Promise

Un disco “di scarti”, che si commenta da sé.

Seguono:
#7 Tame Impala – Innerspeaker
#8 Massive Attack – Heligoland
#9 Lonelady – Nerve up
#10 M.I.A. – /\/\ /\ Y /\
#11 Soft Moon – s/t
#12 Everything Everything – Man alive
#13 The Foals – Total life forever
#14 Arcade Fire – The suburbs
#15 UNKLE Where Did The Night Fall

Italiani? Non pervenuti.