Stamattina siamo calati nella city e già sulle scale mobili della metro e del passante si sentiva quell’inconfondibile odore di campagna che è lo stesso che, nella campagna vera, lo si percepisce quando apri le porte di una stalla o quando gli agricoltori concimano i campi. Avete capito, vero, di che odore si tratta. Un olezzo che talvolta lo si sente in periferia, probabilmente la vicinanza con quel po’ di natura semi-urbanizzata che vive di economia propria ai margini, e che raramente viene a pervadere la città sovrapponendosi agli odori apparentemente meno naturali della strada che ci avvolgono, nostro malgrado, ogni santo giorno. E alle otto, stamane, la puzza di merda – scusate i modi diretti – era corredata di quella nebbiolina che è il massimo che in tempi di modernità Milano, in centro, riesce a produrre. Un quadro completo, con al centro noi protagonisti indistinti, vestiti bene o male, con la sciarpina o il borsello, puliti o no, con il deodorante o il profumo o senza, tutti a guardarci l’un l’altro e a chiederci in silenzio che cosa sta succedendo. O, nei luoghi chiusi, chi è stato.