Lasciate perdere una volta tanto le colonne sonore di telefilm e cartoni animati, quelle che ore e ore di televisione pomeridiana ci hanno pervaso organi e tessuti fino nel DNA. E mettete anche da parte la musica che da bambini, grazie a nonni, genitori e fratelli maggiori, vi ha aperto le porte della percezione sonora e ha gettato le basi dei vostri gusti in merito. Se la nostra vita è fatta di canzoni preferite, c’è posto anche per tutte quelle che abbiamo ascoltato involontariamente e comunque hanno attecchito. Pensate a quanti ritornelli ci sono rimasti dentro nell’età dello sviluppo, quando in noi è ancora tutto estremamente fertile e basta poco che qualcosa faccia presa e poi non va più via. E ogni tanto, ciclicamente, si apre una valvola da qualche parte e melodie remote fanno capolino nella nostra giornata, magari quando siamo più vulnerabili, o più trasparenti sugli strati superiori tanto che si vede tutto quello che c’è sul fondo. E ogni volta il gioco consiste proprio nel collegare quello che affiora alla sua radice in profondità, fino a chissà dove. Perché mi è tornato in mente questo pezzo? Quando è successo e quante volte lo devo aver ascoltato perché è rimasto così netto e identificabile? Qui sotto ho elencato un po’ di materiale che, ogni volta che si manifestano questo genere di reminiscenze, mi sorprendo di averlo in qualche modo coltivato e che, comunque, malgrado i numerosi decenni trascorsi, sia ancora tutto così incredibilimente nitido.
Questa, ad esempio, doveva essere la sigla di un programma radiofonico ma comunque sentite come il suono così parcellizzato del synth fa presto a penetrarti nel conscio e nel subconscio e a diffondersi viralmente nell’organismo
Questa era l’appuntamento fisso con Odeon, trasmissione TV che seguivo se non altro perché ci scappava sempre qualche topless, e dovete capirmi, avevo dieci anni o giù di lì
ma questo pezzo è stato anche il mio incubo perché poi mio papà mia aveva regalato lo spartito e, inutile a dirsi, non sono mai riuscito a impararlo tanta era la complessità.
Ma la mia attitudine (?) alla tastiera si è manifestata anche con questo altro capolavoro di elettronica, si vede che già dentro di me pianificavo di sprecare buona parte degli sforzi a comporre musica decente
e chissà perché, risentendola adesso, l’associo a pellicole soft-core.
Tra i dischi che andavano per la maggiore in casa mia, quando ancora comandava mio papà e svolgeva lui le funzioni di DJ resident e Master of Ceremony, c’erano le orchestre che andavano molto di moda nei primi anni 70 con direttori celebri che riarrangiavano musica classica e pop in chiave proto-lounge, passatemi il termine. Tra i favoriti della mia famiglia c’erano Ray Conniff, James Last e soprattutto Frank Pourcel. Non so quante volte questo vinile è stato suonato sul nostro giradischi, la domenica mattina
Non mancava ovviamente il liscio, come nelle famiglie di campagna di una volta, e su questo brano non ho nulla da aggiungere perché è in grado di commuovermi ancora adesso. Vedete poi perché si cresce prediligendo i timbri della depressione? A voi il valzer “Speranze perdute” nell’esecuzione di Gigi Stok
Ma poi, per fortuna, la personalità dei ragazzini si emancipa dal lessico e dall’ambiente sonoro di nascita. Quando ho visto questo tizio, per la prima volta, sono rimasto realmente folgorato e ho capito quale poteva essere un modo davvero originale per fare musica e da lì è derivato più o meno tutto. Pensate un po’ come è messa certa gente come me.
p.s. notate la gaffe di Boncompagni che traduce “Ca Plane Pour Moi” con “Questo aeroplano è per me”, pensate come siamo cresciuti.