il dopoguerra e il patto Atlantic

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È la prima volta in cui la guerra assume tratti più definiti rispetto a quelli ludici dei soldatini Atlantic, divisi per nazionalità e ciascuna con il suo colore, le sue pose, i suoi elementi distintivi. La trasmissione si chiama “Trent’anni dopo” e racconta in bianco e nero la disfatta italiana della guerra finita trent’anni prima, appunto. Non solo sono ancora vivi e vegeti i testimoni di quell’esperienza, ma alcuni protagonisti li vediamo quasi ogni giorno a “Tribuna politica”, sui giornali o nei servizi del Tg della sera. Tutti sembrano ancora freschi di quegli eventi terrificanti, con i loro paltò, i cappelli a falda stretta, la sigaretta nella stessa mano con cui indicano i punti in cui si è manifestata la morte, la fuga, un rastrellamento, una prigionia, una tortura.

Raccontano la storia con le parole prese dal vivo in ambienti che rimbombano e nel loro accento piemontese, romagnolo, ligure, toscano, e si alternano alla voce narrante che dev’essere quella di un attore, solenne, chiara e severa nel modo di ammonirci su responsabilità che sono anche nostre, dei nostri padri e dei nostri nonni che sono lì con noi dopo cena a vedere quel documentario, seduti al nostro fianco sul divano.

Uno stormo di aerei sgancia bombe a ripetizione e subito dopo si vedono le macerie di Montecassino, e non è importante se c’era davvero qualcuno a filmare l’azione o se le immagini sono solo rappresentative di quello che è successo. La magia del cinema e, in questo caso, della tv. Nessuno si pone il problema perché è troppo occupato a tenere a freno l’emozione. La musica di accompagnamento è una riuscita versione in modo minore e rallentata di “In the mood”, il boogie-woogie per eccellenza che si ascolta ogni volta in cui soldati americani fanno ballare le donne italiane nelle scene della liberazione sempre ricostruite a scopo didascalico. Il video e il sonoro, presi insieme, hanno una qualità completamente differente e necessitano di apparecchiature che negli anni quaranta non erano ancora appannaggio degli operatori fai da te.

Così è anche la prima volta in cui capisco che la musica la puoi fare e disfare come vuoi, nessuno te lo impedisce e accortezze come quella, una canzonetta rielaborata in versione funerea, può fare la differenza e arrivare al cuore più di qualunque effetto speciale. È il settantacinque, trent’anni dopo appunto, e finalmente mi è chiaro che tenere i tedeschi al gioco dei soldatini, anche se hanno le pose plastiche più eleganti, gli elmetti a punta, la mitraglietta imbracciata in modo ergonomico e gli ufficiali con la rivoltella, non è un fattore di prestigio.

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chilometri di giudizio

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Alla festa della scuola, i genitori si incrociano mentre i bimbi giocano, ed è naturale incontrare, conoscere, chiacchierare di tutto. Un ritorno al mondo reale, in cui i collaterals non sono nemmeno presi in considerazione perché talvolta mancano persino gli elementi base. Il lavoro, la casa, la serenità familiare: il primo livello. Accompagnare i figli a pallavolo, o il costo della scuola di musica: il secondo livello, e così via. La mia dimensione, in cui il massimo della difficoltà è rappresentato da una errata configurazione di iTunes su XP a causa della quale il mio pc non riconosce l’ipod nano, non è nemmeno presa in considerazione. E ieri ho scoperto il livello zero. M., 40 anni, viene dalla Croazia ed è qui dal 92, quando grazie a un lavoro è riuscito a scappare dalla sua città natale, Rijeka, dopo 2 anni di guerra al fronte. La guerra, in divisa e con un’arma in mano. Quindi esistono persone che hanno combattuto contro altri eserciti, hanno rischiato di morire, magari hanno ucciso, ed è possibile conoscerle. Non sono entrato nei dettagli, un po’ non mi sembrava corretto, un po’ ne avevo paura. A sera sono tornato a casa, e dopo aver smanettato un po’, ho sistemato l’errore di configurazione di iTunes, ho connesso l’ipod e il mio pc lo ha riconosciuto.