Una delle interpretazioni più suggestive del capolavoro di Kubrick – mi riferisco alla sua Odissea nello spazio, e nello specifico al finale – è che non c’è tutta questa differenza tra l’universo infinito e la morte. Kubrick ha scoperto l’acqua calda, nel senso che da quando l’uomo ha iniziato a riflettere su queste cose, a inventarsi credenze e religioni e a struggersi sul suo destino, il fatto di disperdersi da qualche parte e di avere una componente fatta di ignoto ci ha indotti a pensare che alla fine dei programmi saremo tutt’uno con quello che non riusciamo a ridurre a trasformazione chimica o operazione matematica, e morte e universo infinito sono appunto le prime due cose che abbiamo a portata di mano per capire la nostra inutilità ai fini del tutto. Sempre che ci sia un tutto. Ma anche se non ci fosse la sostanza non cambia, anzi cambia perché per fortuna siamo biodegradabili. Ma che importa che cosa c’è a miliardi di milioni di miliardi di milioni di miliardi di anni luce da qui se tanto al massimo quando ci avanza mezz’ora di tempo libero il punto più distante a cui aneliamo è l’Ikea di Cesano Boscone? Un fenomeno che si spiega solo con il fatto che davvero non c’è più tempo ed è per questo che si confermano modelli già rodati che limitano il rischio di adottare procedure nuove e dall’esito ignoto. In questa visione escatologica, che almeno si ammetta l’ipocrisia di chiamare l’uscita numero 5 della Tangenziale Ovest direttamente “Ikea”, tanto tutti quelli che escono lì si sa già dove si stanno recando. Cesano Boscone in realtà non esiste, è un mistero tanto quanto la morte e l’universo infinito e le polpette di renna. E la prova di quell’ammasso di ignoto e incommensurabile che mai ci sarà dato conoscere è il fatto che da lì – dallo spazio/universo, non da Cesano Boscone – ci arriva credo per un’ultima volta la voce di David Bowie, una delle vittime più compiante di questo Annus Horribilis per giunta bisesto. Qualche giorno fa è stato pubblicato un nuovo video tratto dal suo album quasi postumo “Blackstar”, un brano che non si capisce appunto se venga da qualche parte remota dello spazio, luogo che Bowie ha frequentato più volte nella sua vita, o direttamente da quello che erroneamente chiamiamo oltretomba, il che è ancora più frustrante se appunto noi, nella nostra vita, abbiamo solo collezionato visite domenicali all’Ikea. Il collante di questo agglomerato nobile di ignoto è l’Internet, che non sappiamo se c’è o non c’è, se è visibile o no, se è concreta o è sfuggente ma che ci importa, basta che trasmetta dalla parte in cui abitiamo noi mortali e con chiarezza i messaggi che ci indicano la strada, quella che prosegue all’infinito oltre l’uscita 5 della Tangenziale Ovest.